Resoconto della conferenza «De Bandung au Sud Global. Décolonisation et anti-impérialisme pour un nouveau monde» organizzata dall’Union pour la Reconstruction Communiste
Rete dei Comunisti
Domenica 4 maggio si è tenuta la conferenza dal titolo «De Bandung au Sud Global. Décolonisation et anti-impérialisme pour un nouveau monde », al centro sportivo Nelson Mandela a Saint-Denis, nel nord di Parigi.
L’iniziativa era coorganizzata con altre sei organizzazioni di carattere internazionale : Solidarité Indonésie (Solidarité Indonésie : Association humanitaire en Indonésie), Dynamique Unitaire Panafricaine (DUP (20+) Facebook), Ka Ubuntu (organizzazione indipendentista réunionese KA UBUNTU – “Je suis parce que nous sommes”), Collectif ALBA-TCP France (Home – ALBA-TCP), Front Uni des Immigrations et des Quartiers Populaires (FUIQP ACCUEIL – Front Uni des immigrations et des quartiers populaires), Comité de Soutien à la Révolution aux Philippines (CSRP Comité de Soutien à la Révolution aux Philippines (@csrp.france) • Foto e video di Instagram).
l’obiettivo della conferenza era quello di riflettere collettivamente sugli sviluppi attuali della dinamica di multipolarismo che caratterizza il nuovo assetto internazionale, alla luce della crisi dell’unipolarismo statunitense e del mondo occidentale. Per fare questo, si è riallacciato i fili con quella storia che – dalla conferenza di Baku nel 1920, passando per quella di Bandung del 1955, fino alla conferenza di Belgrado del 1961 e le successive conferenze dei paesi non-allineati – ha ambito alla costruzione di un movimento mondiale antimperialista, in alternativa al modello occidentale.
Gli intervenenti hanno sollevato numerosi elementi di riflessione, ambendo a fare un passo avanti rispetto alla riflessione sul multipolarismo. Senza scadere in astratte idealizzazioni, la conferenza si è posta in maniera dialettica e sfaccettata rispetto alle problematiche del nostro tempo. La prospettiva comune: partecipare alla ricostruzione di un movimento antimperialista internazionale.
Abbiamo deciso di pubblicare un resoconto della conferenza, che rispecchia un’omogeneità di esigenze e di impegno dei comunisti a livello internazionale rispetto all’analisi sul mondo multipolare, una riflessione avviata ormai da tempo dalla nostra organizzazione e che non cessa di porci di fronte a interrogativi, sfide, e possibilità. Di fronte alla tendenza oggettiva di un “’internazionalizzazione” del dibattito e l’imposizione di forze progressiste nell’ordine mondiale, la valorizzazione dei legami con organizzazioni comuniste e antimperialiste di altri paesi, diventa per noi fondamentale.

Traduciamo di seguito il testo unitario di presentazione e invito alla conferenza, che fornisce un’efficace panoramica storica di inquadramento alla discussione:
« Nel settembre del 1920, i partecipanti al Congresso dei popoli d’Oriente a Baku fanno propria la nuova parola d’ordine lanciata da Lenin durante il II Congresso dell’Internazionale Comunista, tenutosi pochi mesi prima, che lega in modo indissolubile la lotta contro lo sfruttamento capitalistico a quella contro il dominio coloniale.
All’indomani della Conferenza di Ginevra del 1954, che pone fine alla guerra d’Indocina, le nuove potenze asiatiche vogliono accelerare il processo di indipendenza. Consapevoli della loro forza, questi paesi appena indipendenti decidono allora di impegnarsi pienamente per aiutare anche le altre colonie a ottenere la propria indipendenza.
Nel 1955, i capi di governo di ventinove paesi dell’Africa e dell’Asia, insieme ai rappresentanti delle colonie non ancora indipendenti, si riuniscono a Bandung (Indonesia), animati da uno spirito comune di liberazione nazionale e cooperazione internazionale. Si tratta di un incontro storico per discutere dei processi di decolonizzazione che segneranno il corso del XX secolo, condannare l’imperialismo delle potenze occidentali e sviluppare la solidarietà internazionalista tra le lotte di liberazione nazionale in tutto il mondo.
Questa conferenza sarà la prima di una serie di incontri che segneranno la storia della lotta per la liberazione dei popoli, fungendo sia da impulso che da risultato della strutturazione del movimento anti-imperialista internazionale, in particolare attorno al Movimento dei Paesi Non Allineati. La Conferenza «Tricontinentale» del 1966 a L’Avana (Cuba) rappresenterà un nuovo salto qualitativo dal punto di vista politico e dell’azione internazionalista, con la creazione dell’Organizzazione di Solidarietà dei Popoli di Africa, Asia e America Latina (OSPAAL).
Questo movimento internazionale porterà, durante la Conferenza di Algeri del 1973, all’elaborazione di un programma per un «nuovo ordine economico mondiale», fondato sulla sovranità dei popoli, la cooperazione, il diritto allo sviluppo e la lotta contro gli scambi diseguali. Adottato dalle Nazioni Unite già nel 1974, tale programma – volto a contrastare alla radice i meccanismi che permettono la dominazione economica occidentale sul resto del mondo – non verrà mai applicato, a causa delle pressioni e manovre delle potenze imperialiste occidentali, controffensiva che verrà enormemente aggravata dallo smantellamento dell’URSS (Tavola rotonda 1). Tuttavia, a seguito della presidenza cubana del «Gruppo dei 77 + Cina» all’ONU nel 2023, è stato ufficialmente rilanciato con la denominazione di «Nuovo Ordine Economico Internazionale».
All’alba del XXI secolo, dunque, l’egemonia occidentale – capeggiata dagli USA – continua a essere messa in discussione da un insieme di paesi che, pur nella loro eterogeneità in termini di progetti politici ed economici (di cui i BRICS+ sono l’epicentro), hanno ormai i mezzi oggettivi per rifiutare tale dominio imperialista e imporre un nuovo ordine internazionale multipolare. Parallelamente, i progetti di cooperazione regionale, frutto sia della volontà di alcuni dirigenti (come l’ALBA) sia di organizzazioni della società civile (come il movimento panafricanista), continuano a svilupparsi, svolgendo un ruolo importante nella «seconda ondata d’indipendenza» che attraversa tutti i continenti (Tavola rotonda 2).
Ma questo movimento incontra resistenze da parte delle potenze euro-atlantiche. Intrappolate in una crisi economica strutturale, esse scelgono la guerra – sotto tutte le sue forme – per mantenere la loro egemonia, contro i paesi «recalcitranti», in primis la Cina, ma anche contro le proprie popolazioni, attraverso misure di austerità senza precedenti. Per ottenere l’adesione delle loro classi popolari a questa riconquista – dalla quale non hanno nulla da guadagnare – esse strumentalizzano e rafforzano il razzismo persistente e strutturale derivante dalla colonizzazione, organizzano massicciamente la disinformazione e ricorrono a un ampio ricatto occupazionale. È quindi altrettanto urgente che anche le classi popolari dei centri imperialisti si riapproprino della parola d’ordine di Lenin e costruiscano, all’interno stesso delle potenze imperialiste, dei fronti di lotta per indebolirle (Tavola rotonda 3).
Con numerosi interventi da diversi orizzonti, abbiamo organizzato questa conferenza, articolata in tre tavole rotonde, per ripercorrere la ricca storia dello «spirito di Bandung» e della sua eredità politica, riflettere sul senso e sulle forme dell’internazionalismo e dell’anti-imperialismo di ieri e di oggi in tutto il mondo, e discutere le prospettive d’azione per ricostruire, qui in Francia, un vero movimento anti-imperialista coerente, a favore del progresso dei popoli.»
La discussione si è articolata in tre momenti: la prima tavola rotonda, intitolata « De Bakou à la Tricontinentale : l’esprit de Bandung », si è tenuta nella mattinata, mentre le altre due, « Luttes et alliances anti-impérialistes vers le multipolarisme », e « Les perspectives du mouvement anti-impérialiste en France », nella sessione pomeridiana.
10h – 12h Tavola rotonda De Bakou à la Tricontinentale : l’esprit de Bandung
La prima sessione si è aperta con l’intervento di Ibarruri Sudharsono (Solidarité Indonésie), che ha richiamato l’attenzione sulla storia del Partito Comunista Indonesiano (PKI), un tempo uno dei più grandi partiti comunisti al mondo al di fuori dell’URSS e della Cina. Sudharsono ha ricordato la brutale repressione del 1965-66, quando circa un milione di comunisti reali o presunti furono sterminati in un genocidio sostenuto anche da potenze occidentali. In occasione del 60° anniversario di quella tragedia, ha annunciato future iniziative di memoria promosse da giovani militanti.
Bruno Drweski (URC) ha sottolineato l’impatto della Conferenza di Bandung anche sulle società europee, pur non coinvolte direttamente. Drweski ha ricordato anche l’importanza della Conferenza di Baku del 1920, primo tentativo internazionale di coordinare le lotte anticoloniali sotto impulso sovietico. Ha poi chiarito la distinzione tra neutralità e non-allineamento: quest’ultimo è una scelta attiva e politica a favore dell’antimperialismo e della sovranità nazionale, attraverso la quale paesi come la Jugoslavia hanno incarnato una via indipendente rispetto sia al blocco sovietico che a quello occidentale, contribuendo alla creazione del Movimento dei Non Allineati. Secondo lui, questo movimento è stato il primo a promuovere una politica di sviluppo multicentrica. Drweski ha discusso anche delle iniziative economiche come i BRICS e il Gruppo dei 77+Cina, che mirano a creare un nuovo ordine economico internazionale più equo.
Ha concluso il suo intervento invitando a firmare la petizione contro la guerra promossa dall’URC: “Palestine, Ukraine, Congo….NON A LEURS GUERRES. Foutez-nous la paix !”
[qua il link per recuperare il suo intervento L’héritage de Bandung (1) par Bruno Drweski (URC)]
Amzat Boukari-Yabara (DUP) ha tracciato un filo diretto tra la Conferenza di Berlino del 1885 – simbolo del colonialismo – e Bandung, che ne ha segnato la rottura storica. Ha ricordato l’influenza esercitata su figure come Malcolm X, che parlò esplicitamente di Bandung come esempio di unità al di là delle divisioni religiose ed etniche. Lo “spirito di Bandung” è, per Boukari-Yabara, alla base di un nuovo internazionalismo nero e panafricano.
In conclusione, alla prima sessione, Omar Benderra, attivista algerino per la pace, ha offerto un’analisi della rivoluzione algerina, spiegando come, dopo Bandung, la lotta per l’indipendenza assunse una portata internazionale. Nonostante iniziali resistenze, l’Algeria divenne simbolo della coerenza antimperialista, rifiutando ancora oggi la normalizzazione dei rapporti con Israele. Benderra ha descritto Bandung come l’espressione anticolonialista, multipolare e antimperialista di quello che sono oggi BRICS, che al contrario definisce “l’espressione capitalista di Bandung”, e ha concluso sostenendo che “Bandung è stata la prima pietra di edificio che deve ancora essere costruito.”
13 :30- 15 :30 Tavola rotonda Luttes et alliances anti-imperialistes vers le multipolaire
A introduzione della seconda sessione, Auguste Epayna (DUP) ha ricordato come, dal Ghana (1957) alla Guyana (1958), fino alla rivoluzione cubana e alla creazione dei BRICS, la centralità della spinta autodeterminativa sia stata fondamentale nei processi di decolonizzazione in Africa, Asia e America Latina.
Per seconda è intervenuta Tamara Kunanayakam, ex Ambasciatrice/Rappresentante Permanente dello Sri Lanka presso le Nazioni Unite ed ex Presidente del Gruppo di Lavoro Intergovernativo delle Nazioni Unite sul Diritto allo Sviluppo. Nel suo intervento ha criticato l’uso dei concetti di “multipolarità” e “Sud globale”, ritenendoli ambigui e funzionali a mantenere l’ordine mondiale dominato dall’Occidente, mascherando il vero problema: l’imperialismo e il capitalismo. Contrariamente allo spirito di Bandung, che promuoveva l’uguaglianza sovrana tra tutti i popoli, la multipolarità implica solo una redistribuzione del potere tra élite. Il vero cambiamento richiede la fine del capitalismo e l’instaurazione del socialismo, unico sistema capace di eliminare lo sfruttamento e garantire una pace duratura. Tuttavia, l’emergere di nuove alleanze statali come l’Alleanza degli Stati del Sahel (Burkina Faso, Mali e Niger), l’estensione dei BRICS+, la resistenza palestinese, l’ALBA in America Latina, e l’allargamento dell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai indicano una crescente volontà di sottrarsi all’unilateralismo statunitense.
Anche se questi strumenti non sono stati creati con finalità rivoluzionarie, essi forniscono un quadro favorevole per la dedollarizzazione, la sovranità economica e lo sviluppo autodeterminato dei paesi del Sud globale.
Di seguito il link per recuperare il suo intervento alla tavola rotonda: L’héritage de Bandung (3) par Tamara Kunanayakam .
Magualita Rivas (ALBA-TCP France) ha portato l’esperienza dell’ALBA, alleanza bolivariana nata sotto la spinta di Chávez e Fidel Castro, che promuove un modello di cooperazione solidale alternativa al neoliberismo. Ha citato strumenti concreti come Telesur per la costruzione di un immaginario anti-egemonico.
Ka Ubuntu, organizzazione del panafricanismo réunionnais, ha posto il focus sul colonialismo francese d’oltremare, sottolineando il ruolo strategico delle isole come Réunion e Mayotte e la volontà francese di mantenere una proiezione imperiale nel canale del Mozambico. Ha anche accennato a una nascente alleanza afropacifica.
Youssef Boussoumah ha affrontato il tema della declinazione del razzismo nella metropoli francese, evidenziando come la segregazione spaziale, lo stato di polizia e la repressione dei militanti pro-palestinesi siano manifestazioni dirette dell’eredità coloniale. Ha ricordato che il razzismo non è solo un effetto collaterale del capitalismo, ma uno dei suoi ingranaggi fondamentali.
16-18h Tavola rotonda Les perspectives du mouvement anti-imperialiste en France
Nella sessione conclusiva, dedicata alle prospettive antimperialiste in Francia, sono intervenuti rappresentanti di vari collettivi, dal sostegno alla rivoluzione filippina (Comité de soutien à la révolution aux Philippines) ai militanti di Ku Ubuntu. Adama Coulibaly (DUP) ha insistito sulla necessità di ricostruire un movimento comunista globale, denunciando l’ideologia imperialista come strumento principale di dominio. Ha portato come esempio positivo il Burkina Faso, dove un colpo di stato popolare ha portato al rifiuto degli accordi coloniali e all’espulsione dell’esercito francese. Ha inoltre sottolineato il carattere “popolare” del colpo di stato in Burkina Faso, appoggiato da movimenti dal basso che hanno denunciato gli accordi coloniali scacciando i francesi dal paese.
Infine, Saïd Bouamama (URC/FUIQP), nel suo intervento di chiusura alla conferenza, ha sottolineato la necessità di superare l’idea, ancora diffusa, secondo cui la fine dell’Unione Sovietica o il fallimento delle rivoluzioni panafricane rappresenterebbero delle sconfitte definitive e quindi errori fin dall’inizio. Si tratta, secondo lui, di una visione figlia di un marxismo occidentale e profondamente eurocentrico, che tende a separare artificialmente le lotte contro il capitalismo, l’imperialismo e il razzismo, come se fossero sfide indipendenti l’una dall’altra.
Bouamama ha collocato l’attuale fase storica all’interno di una crisi dell’egemonia dominante, una crisi che non è solo economica, ma anche politica e ideologica. Proprio perché ferita, l’egemonia imperialista reagisce con maggiore violenza, sia all’interno dei propri confini che verso l’esterno. Le aggressioni internazionali, secondo Bouamama, vanno lette come tentativi di riconquista di spazi e di potere messi in discussione. In questo quadro si inseriscono le derive del trumpismo, la volontà statunitense di riaffermare il proprio controllo strategico su territori come la Groenlandia o il Canale di Panama, e il continuo rafforzamento del sostegno a Israele.
La Francia, ha sottolineato Bouamama, presenta delle specificità che la rendono un caso emblematico. Da un lato, è caratterizzata da un fenomeno migratorio di massa; dall’altro, possiede una tradizione di movimento operaio tra le più forti in Europa. In questo contesto, la componente immigrata gioca un ruolo strutturale nella composizione della classe lavoratrice, molto più che in altri paesi europei. Per questa ragione, un processo di trasformazione profonda della società francese non può prescindere dalla mobilitazione di questi settori popolari. Trascurare questioni centrali come la causa palestinese, ha avvertito, significherebbe rinunciare a coinvolgere forze fondamentali per ogni progetto rivoluzionario.
Bouamama ha ricordato anche le difficoltà storiche del Partito Comunista Francese nel confrontarsi con la questione coloniale, al punto che fu necessario l’intervento di Lenin per spingerlo ad accettare l’ottava condizione dell’Internazionale Comunista, relativa al sostegno alle lotte anticoloniali. Questo ritardo nell’assumere una prospettiva internazionalista, secondo Bouamama, ha segnato profondamente la tradizione comunista francese.
Ha concluso il suo intervento rivendicando l’importanza di praticare un internazionalismo concreto, che si esprima nel sostegno attivo alle lotte, come quella dei portuali che si rifiutano di caricare armi destinate ai teatri di guerra. Ha ribadito la necessità di combattere il razzismo e l’islamofobia in tutte le loro forme e, infine, ha indicato la decolonizzazione degli immaginari come un passaggio imprescindibile per ogni processo di emancipazione reale.
La conferenza, arricchita da un ampio dibattito a latere degli interventi prestabiliti, si è conclusa con un potente rilancio sulla costruzione di un nuovo movimento internazionale antimperialista, che in Europa sappia combattere dall’interno il proprio imperialismo di casa, e parallelamente costruire alleanze con i paesi del “Sud Globale” e le nuove esperienze di carattere progressivo e imperialista che, dall’alleanza degli stati del Sahel fino all’ALBA, mostrano in tempi di guerra l’unica via d’uscita dalla crisi economica, umanitaria e ambientale prodotta dall’imperialismo.
Invitiamo a sostenere i compagni e le compagne francesi dell’Union pour la Reconstruction Communiste nella loro campagna contro la guerra, firmando la petizione a questo link : Pétition · Palestine, Ukraine, Congo….NON A LEURS GUERRES – France · Change.org