Manifestazione Martedì 17 giugno – ore 17 – partenza dal Parco della Zucca
Rete dei Comunisti – Bologna
Il 17 giugno, il Corriere della Sera organizza un incontro al DAMA, dal titolo “Il futuro di Bologna – Obiettivo 2050”. Sul palco non ci saranno abitanti dei quartieri popolari, studenti, lavoratori o inquilini sotto sfratto, ma rappresentanti di grandi imprese, architetti di prestigio e mondo universitario. L’evento è esemplare: racconta e giustifica un’idea di città come spazio da valorizzare, attrattivo per il capitale, orientato alla logica del mercato.
Questa narrazione, tuttavia, non nasce oggi. È parte di un processo già in corso: gentrificazione, aumento dei costi abitativi, espulsione della popolazione verso le periferie, uso strumentale della ricerca a fini economici e militari. Solo per citare alcuni esempi recenti: il Comune ha portato il biglietto dell’autobus a 2,50 euro, mentre la Regione ha aumentato l’addizionale IRPEF e reintrodotto il ticket sulle ricette mediche. Sono tutte misure che colpiscono direttamente il salario indiretto, cioè la parte di reddito distribuito sotto forma di beni e servizi pubblici.
Questo cambiamento rappresenta una necessità specifica del capitalismo in crisi, che per continuare a valorizzarsi è costretto a spostarsi verso la rendita. Quando la produzione diretta di valore incontra limiti strutturali – salari stagnanti, sovrapproduzione, crisi ecologica – il capitale si riorienta verso l’estrazione di valore da attività parassitarie, come l’espansione della rendita immobiliare e finanziaria. La metropoli diventa così uno snodo centrale della nuova accumulazione: non solo luogo in cui si concentra il potere economico e politico, ma forma concreta attraverso cui si ristruttura il dominio di classe. La città viene scomposta e ricomposta come macchina di cattura del valore: attraverso l’aumento dei prezzi, la privatizzazione degli spazi pubblici, l’indebitamento delle famiglie, la mercificazione della vita quotidiana. Non è un contenitore neutro, ma un campo di sfruttamento in cui il capitale trova nuove vie per appropriarsi di ciò che non produce. Per questo la lotta per la città è oggi parte integrante della lotta di classe: è scontro tra chi organizza lo spazio urbano per accumulare e chi lo vive per riprodurre la propria esistenza.
Il modello metropolitano promosso oggi a Bologna non fa quindi eccezione, ma si fonda proprio sull’estrazione di rendita, sulla mobilitazione di risorse pubbliche per sostenere interessi privati, sulla costruzione di una città a misura di investitori, turisti, utenti-consumatori. Un modello, quella della “Bologna del futuro”, che però nasconde una realtà in cui la qualità della vita peggiora per la maggioranza, e in cui le condizioni ambientali, sociali ed economiche si deteriorano continuamente.
Ma queste dinamiche non restano senza risposta. In città esistono spazi di conflitto, pratiche collettive di resistenza, esperienze organizzative che rivendicano il diritto all’abitare, alla mobilità, alla salute, a un reddito sociale garantito. La città continua ad essere abitata, difesa, trasformata da chi la vive ogni giorno.
Per questo il 17 giugno saremo in piazza: non per partecipare a un dibattito costruito a misura degli interessi dominanti, ma per affermare un’altra prospettiva.
Contro un modello urbano fondato su rendita e militarizzazione, per rendere visibile quella parte di Bologna che non accetta di essere espulsa o ridotta al silenzio.