Guerra, crisi del capitalismo e attacchi al pluricentrismo: i dazi sono armi nelle mani delle aree imperialiste per limitare i margini di sviluppo dei paesi emergenti.
(S.C.)
“I dazi non vanno letti semplicemente come strumenti di politica commerciale, ma come parte integrante della dinamica di guerra economica tra potenze. Essi non hanno nulla di “neutro”: dietro l’apparenza tecnica delle tariffe doganali si nasconde una precisa funzione politica e di classe”. Lo ha spiegato questa sera il prof. Luciano Vasapollo, intervenendo sugli scambi commerciali nella sede della Rete dei Comunisti a Pisa, teatro nei giorni scorsi di un’aggressione fascista e sionista.
Secondo l’economista marxista, i dazi sono oggi “uno strumento dell’imperialismo per tentare di rallentare l’ascesa della Cina e dei Brics allargati, cercando di preservare il predominio degli Stati Uniti sul piano internazionale”. In questo senso non si tratta solo di misure economiche, ma di armi nelle mani delle aree imperialiste per limitare i margini di sviluppo dei paesi emergenti.
Allo stesso tempo, i dazi riflettono anche i conflitti interni al blocco occidentale. La contrapposizione tra Washington e Bruxelles si manifesta pure sul terreno del protezionismo, con gli Stati Uniti che alzano barriere tariffarie e l’Unione Europea che, pur dichiarandosi contraria, finisce spesso per assecondare le stesse logiche di guerra commerciale.
Per Vasapollo, tuttavia, i dazi non danneggiano solo i rivali geopolitici: “A pagarne il prezzo più alto sono i lavoratori, perché i dazi fanno aumentare i costi di produzione e, di conseguenza, i prezzi dei beni, riducendo il potere d’acquisto dei salari”. È dunque la classe lavoratrice – e non certo le grandi multinazionali – a subire direttamente le conseguenze del protezionismo economico.
L’economista marxista e dirigente della Rete dei Comunisti, ha rilevato che, in questa ottica, i dazi vanno considerati come parte della più ampia “economia di guerra” che caratterizza la fase attuale: una strategia che combina sanzioni, blocchi, restrizioni commerciali e, laddove non basta, il ricorso alla guerra guerreggiata.
L’assemblea a Pisa ha richiamato decine di militanti, studenti universitari e attivisti di diverse realtà politiche e sociali, da Osa a Cambiare Rotta fino a Potere al Popolo. E il l dibattito, partendo dalla questione dei dazi, è diventato così l’occasione per un’analisi più ampia della crisi sistemica del modo di produzione capitalistico e delle sue degenerazioni. Per Vasapollo, la guerra e l’economia di guerra rappresentano oggi la forma più compiuta della barbarie imperialista: “La crisi del capitale porta necessariamente alla decadenza e alla virulenza – ha sottolineato – e si esprime sia attraverso il protezionismo commerciale, i blocchi e le sanzioni economiche, sia nella guerra guerreggiata e militare, con la spartizione del mondo in aree di influenza”.
Il professore ha fatto riferimento agli scenari internazionali più recenti: dal conflitto in Medio Oriente con “il sionismo terrorista di Israele” al confronto tra NATO e Russia, fino alla crescente pressione degli Stati Uniti nei Caraibi. In questo quadro, i dazi commerciali diventano “uno strumento di guerra economica” volto a frenare la crescita della Cina e dei Brics allargati, ma che colpisce in realtà soprattutto i lavoratori, riducendo il potere d’acquisto dei salari e aggravando la spirale inflazionistica.
L’assemblea ha assunto un valore politico ancora più forte in quanto organizzata a ridosso dello sciopero generale indetto dall’USB per lunedì 22 settembre. “Questa discussione – ha spiegato Vasapollo – si inserisce in un percorso di mobilitazione diffusa, che parte dalle lotte sociali quotidiane, dai blocchi territoriali e dalla solidarietà concreta con la Palestina, per arrivare a uno sciopero generale capace di mettere in discussione il governo Meloni e i poteri forti economici e finanziari che lo sostengono”.
Durante la serata non sono mancati riferimenti agli episodi di violenza fascista che hanno colpito la sede della Rete dei Comunisti pochi giorni fa, con vetrate infrante e scritte minacciose. “Non vogliamo fare vittimismo – ha ribadito Vasapollo – ma sappiamo bene che produrre conflitto di classe in questo Paese significa andare controcorrente, e senza lasciare spazio a quella sinistra istituzionale o che vive solo in funzione di un becero elettoralismo di interesse individuale e di lobbies di potere che a parole dice di opporsi alla guerra, mentre nei fatti sostiene l’industria militare e partecipa all’economia di guerra. Si tratta di una pseudo-sinistra che in questa fase di conflitti internazionali nella competizione interimperialistica, con decine di migliaia di vittime a cui non bisogna permettere nessun giustificazionismo perché è complice istituzionale del sistema dello sfruttamento violento e del sistema di sterminio del keynesismo militare, delle alleanze guerrafondaie, in primis la NATO, a cui non sa e non vuole opporsi”.
L’incontro si è chiuso con un bilancio politico positivo per la Rete dei Comunisti e con l’impegno a proseguire il lavoro teorico, di lotta e di organizzazione tra studenti, militanti e lavoratori, in vista delle prossime mobilitazioni immediate già a partire dallo sciopero generale del 22 settembre proclamato in tutta Italia dall’USB.
“Abbiamo ottenuto un risultato tutto politico immediato e di prospettiva molto importante – ha concluso Vasapollo – perché abbiamo rimesso al centro la questione oggi delle competizioni interimperialistiche, della crisi e della guerra, costruendo passo dopo passo un fronte di resistenza e di lotta e di organizzazione anticapitalista all’altezza delle sfide che oggi i comunisti coerenti devono affrontare, indirizzare, organizzare e trasformare in percorsi di vivere socialismo del e per il XXI secolo”.