Vasapollo: “la Palestina è diventata oggi il simbolo della lotta dei popoli contro l’imperialismo e il capitalismo predatorio”
Lunedì 22 settembre l’Italia si fermerà. Lo sciopero generale indetto dall’USB e assunto dagli altri sindacati conflittuali rappresenta non solo una giornata di protesta sindacale, ma un vero atto politico di rottura con l’ordine dominante. Al centro, la richiesta di libertà per la Palestina e la denuncia della complicità delle istituzioni italiane con lo Stato di Israele, definito da molti movimenti come “terrorista e genocidario”.
La scintilla nasce dall’esempio dei portuali di Genova, che hanno dimostrato come la forza operaia possa bloccare concretamente il ciclo della guerra impedendo il transito di armi nei porti. “È proprio nei luoghi della produzione e della logistica che si possono fermare i meccanismi della filiera della morte” ha ricordato Luciano Vasapollo, economista e intellettuale marxista, che da anni insiste sul ruolo strategico del lavoro contro lo sfruttamento capitalistico e la guerra e con Rita Martufi dirige da 35 anni il centro studi dell’USB, il Cestes.
Palestina, simbolo di resistenza globale
La recente invasione di Gaza City da parte dell’esercito israeliano è solo l’ultimo capitolo di una lunga storia di oppressione coloniale. Eppure, come si legge nel comunicato della Rete dei Comunisti, “la continua resistenza del popolo palestinese ha squarciato l’ultimo velo sulla natura di Israele e dei suoi sponsor”. La solidarietà internazionale che ne è derivata mostra una frattura crescente tra governi occidentali e opinione pubblica globale.
Vasapollo sottolinea come “la Palestina sia diventata oggi il simbolo della lotta dei popoli contro l’imperialismo e il capitalismo predatorio. Ogni volta che un lavoratore italiano, un giovane studente, una donna scende in piazza per Gaza, afferma al tempo stesso il diritto all’autodeterminazione di tutti i popoli, compreso quello di chi subisce precarietà e sfruttamento qui da noi”.
Dalla solidarietà all’internazionalismo proletario
La mobilitazione non si limita a un atto di vicinanza simbolica. Blocchi nei porti, negli aeroporti e nelle vie di comunicazione hanno già dimostrato come si possa incidere materialmente sulla catena di approvvigionamento bellica. È una pratica che ricorda le stagioni più alte dell’internazionalismo proletario, quando i lavoratori riuscivano a far pesare la loro forza in chiave globale.
“Il ritorno del protagonismo operaio – spiega Vasapollo – significa che la classe lavoratrice ritrova il senso della sua missione storica: non solo contrattare salari, ma opporsi alle guerre e al saccheggio delle risorse. Lo sciopero del 22 è un passaggio di qualità: dalla rivendicazione sociale alla battaglia politica contro l’ordine capitalista”.
Governo e opposizioni sotto accusa
Il comunicato denuncia con forza le responsabilità del governo Meloni e dell’Unione Europea, accusati di “proteggere gli interessi sionisti e imperialisti”, mentre le opposizioni parlamentari restano silenziose, incapaci di intercettare un sentimento di protesta che cresce nelle strade.
Secondo Vasapollo, “questo sciopero mostra che la vera opposizione sociale non sta nei palazzi della politica, ma nella capacità dei movimenti di unire lotte diverse: dai lavoratori della logistica agli studenti, dai movimenti femministi agli ambientalisti. È questa la prospettiva che può costruire un’alternativa reale”.
Flotilla e nuove prospettive
A dare forza a questo scenario è anche l’esperienza della Global Sumud Flotilla, che ha mostrato come la solidarietà con la Palestina possa diventare un terreno di mobilitazione popolare e internazionale. Lunedì, nelle piazze italiane, il filo rosso della Palestina si intreccerà con le rivendicazioni per salari dignitosi, per una scuola e una sanità pubbliche, per il diritto alla casa e per la difesa dell’ambiente.
“Parliamo di una rottura verticale con l’odiosa società capitalista – conclude Vasapollo – e questo sciopero è un tassello di quel processo. In un mondo che si muove verso un multipolarismo conflittuale, le lotte di classe in Europa devono saper riconoscere i poli antagonisti all’Occidente e schierarsi. La Palestina, oggi, è il nostro specchio: opporsi al genocidio significa opporsi al capitalismo stesso”.
Lo sciopero del 22 settembre non sarà quindi una semplice giornata di protesta: sarà la prova di un movimento che tenta di riorganizzarsi come soggetto politico di trasformazione, capace di legare giustizia sociale e giustizia internazionale.
S.I.