A decidere cosa accadrà sul campo al confine nord della Siria e nelle zone liberate dalla Ypg curde, sarà la decisione della Turchia se, dopo i bombardamenti, scatenare o meno l’offensiva terrestre e invadere materialmente il territorio.
Tra le ipotesi in circolazione vi è quella secondo cui Erdogan non intenda rischiare i suoi soldati. Sa che i combattenti curdi sono determinati e non cederanno terreno tanto facilmente. L’offensiva militare turca, stavolta sotto i riflettori dei mass media internazionali, potrebbe rivelarsi più difficile del previsto. Erdogan potrebbe quindi mandare a fare carne da macello i suoi mercenari, cioè i miliziani dell’Esercito Nazionale Siriano da anni arruolati e addestrati da Ankara (e dagli Stati Uniti) nella guerra contro il governo di Damasco.
A riferirne è Le Monde secondo cui come preludio al lancio della sua operazione militare nella Siria nord-orientale, la Turchia ha costretto le fazioni ribelli siriane non jihadiste a riunirsi in un’unica organizzazione, denominata “Esercito nazionale siriano”. Le Monde riferisce che all’inizio di ottobre, il Fronte di liberazione nazionale, situato nella zona di Idlib, che raggruppa ex brigate dell’Esercito Libero Siriano libero (Esl) e formazioni jihadiste non legate all’Isis, si è unito a questa struttura, sotto la tutela della cosiddetta opposizione siriana, con sede a Gaziantep, nel sud della Turchia.
E’
 ormai noto che Ankara arma, finanzia e comanda questo esercito di 
truppe ausiliarie, che sono già state usate contro le posizioni 
dell’YPG, a est dell’Eufrate, in particolare nella regione di Tal Abyad e
 Ras al-Ain, due località nell’area di confine. Ed anche nelle due 
precedenti offensive turche in Siria cioè l’offensiva Al-Bab, contro 
l’organizzazione dello Stato islamico (IS) nel 2016 e l’assalto al 
cantone curdo di Afrin nel 2018.
“L’obiettivo
 dell’esercito nazionale è quello di liberare la nostra terra dalle 
organizzazioni terroristiche”,  annuncia a Le Monde il colonnello Fateh 
Hassoun, uno dei leader delle truppe mercenarie che, guarda caso, usa lo
 stesso termine delle autorità turche per descrivere le organizzazioni 
curde.
“I
 gruppi armati ribelli sono diventati mercenari, dipendenti al 100% dai 
turchi”, denuncia però un altro oppositore siriano che vive a Istanbul e
 preferisce rimanere anonimo. “L’operazione nella Siria nord-orientale 
offre loro l’opportunità di rendersi utili, giustificare i loro stipendi
 e consolidare il loro piccolo potere. La rivoluzione è l’ultima cosa 
che pensano”.
Ma chi sono questi mercenari dell’Esercito Nazionale e dell’Esercito Libero Siriano?
Un
 servizio dell’agenzia Reuters rivela che il loro addestramento da parte
 dei consiglieri militari statunitensi è stato un  programma della CIA 
iniziato nel 2013 come parte degli sforzi compiuti dall’amministrazione 
dell’allora presidente Barack Obama per rovesciare Assad, ma che ha 
prodotto scarso successo. Ad affermarlo sono due funzionari 
statunitensi, entrambi i quali hanno familiarità con il programma ed 
hanno parlato con la Reuters a condizione dell’ anonimato.
 Il 
Washington Post mercoledi è stato il primo a segnalare la sospensione 
del programma, mentre sia la portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders,
 che la Cia si sono rifiutati di commentare l’argomento durante il 
briefing della Casa Bianca e davanti a richieste specifiche dei 
giornalisti.
 La decisione è stata presa dal consigliere per la 
Sicurezza Nazionale H.R. McMaster e dal direttore della CIA Mike Pompeo 
prima dell’incontro del 7 luglio di Trump con il presidente russo 
Vladimir Putin al vertice del G-20 in Germania. 
 Uno dei funzionari 
ha affermato che gli Stati Uniti non stanno facendo una grande 
concessione, “ma è un segnale per Putin che l’amministrazione vuole 
migliorare i legami con la Russia”.
 Un aspetto negativo del 
programma della CIA, ha detto uno dei funzionari, è che alcuni ribelli 
armati e addestrati hanno poi disertato dallo Stato islamico e da altri 
gruppi jihadisti e non si oggi se, con chi e contro chi combattano.
 I due funzionari statunitensi hanno poi confermato alla Reuters che continueranno
 gli sforzi militari statunitensi per addestrare, armare e sostenere 
altri gruppi ribelli siriani sia con attacchi aerei che con altre 
azioni, anche se l’amministrazione Trump non ha aumentato il supporto 
militare dai limiti stabiliti dalla precedente amministrazione Obama.

