Maurizio Disoteo.
Il testo di Ludovico Geymonat “Riflessioni introduttive a Conoscenza e Verità secondo la teoria del riflesso” di Chag En-tse, pubblicato nei materiali per la formazione della Rete dei Comunisti, pur avendo qualche spunto d’interesse, presenta una notevole pecca sostanziale che sta nel non inquadrare quell’opera nel contesto storico della lotta di classe in Cina.
Conoscenza e verità va letto soprattutto come un documento della realtà politica cinese, in particolare dei primi anni settanta. Si tratta di un’opera di formazione politico-filosofica di primo livello destinata alle università cinesi nel momento in cui esse aprivano le porte agli operai, ai contadini e ai soldati.
Il testo di Chang En-tse ebbe una prima edizione nel 1965, durante la prima fase della rivoluzione culturale, ma fu utilizzato soprattutto in seguito, nella nuova edizione del 1972, durante la campagna di critica alle posizioni di Lin Piao, perito l’anno precedente mentre cercava di abbandonare la Cina. Come è noto, una delle critiche rivolte a Lin Piao è quella di avere tentato di imporre al Partito e alla Cina una linea filosoficamente aprioristica e d’indulgere al culto della personalità, del genio demiurgo della storia, che sarebbe stato individuato dapprima in Mao e in seguito nel suo successore designato cioè lui stesso.
Infatti, durante il IX congresso del Partito, nell’aprile 1969, Lin Piao, denominato nei documenti “stretto compagno d’armi del Presidente Mao”, riuscì a far inserire la sua carica di successore designato addirittura nello statuto del Partito. Una tale concezione dogmatica e idealista della storia si contrappone evidentemente alla teoria della conoscenza attraverso la dialettica.
La campagna contro il dogmatismo e le eccessive semplificazioni contrarie alla dialettica giunse in Cina a mettere in discussione anche il ben noto libretto delle citazioni del Presidente Mao, particolarmente sostenuto nella sua diffusione proprio da Lin Piao, che ne aveva scritto la prefazione. Occorrevano quindi in Cina testi di lettura rapida e semplice che pur essendo di facile accessibilità, cercassero tuttavia di superare l’eccessiva schematicità dogmatica verso la quale poteva portare la sola lettura del “libretto rosso”. Che Conoscenza e verità riesca in tale compito è da dimostrare, ma è certo che si tratta di un’opera che deve essere valutata nel contesto che ho descritto e in relazione agli utenti a cui era destinata.
Peraltro , il carattere introduttivo, quasi propedeutico, del lavoro di Ching En-tse è testimoniato dai suoi frequenti richiami non solo a Materialismo ed empiriocriticismo di Lenin ma a Sulla Pratica, Sulla giusta risoluzione delle contraddizioni in seno al popolo e Da dove provengono le idee giuste? di Mao che sono gli “originali” a cui fare riferimento per un vero confronto sulle questioni della conoscenza, della verità e della dialettica, legate strettamente alla pratica politica.
Se non di tiene conto del contesto in cui fu redatto e diffuso Conoscenza è verità questo breve saggio si rivela effettivamente insufficiente. Infatti, questo libro ha valore solo se letto come documento della lotta ideologica in una determinata fase dello scontro di classe in Cina.
La poca dimestichezza a contestualizzare opere che provengono da paesi non europei, peraltro, non deve essere attribuita a Ludovico Geymonat, studioso marxista di livello, ma più in generale al pensiero marxista europeo per lungo tempo ha assolutizzato le caratteristiche del capitalismo in Occidente, trascurando l’importanza di quanto accadeva altrove, in particolare nel mondo coloniale e nelle lotte anticoloniali (si veda a questo proposito Domenico Losurdo: Il marxismo occidentale, Bari, Laterza, 2017 e anche M. Mellino-A.R. Pomella (ed.) Marx nei margini, Roma, Alegre, 2020).
Milano, marzo 2020