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Rete dei Comunisti in Bollettino Internazionale Novembre 2023
La giornata di venerdì 10 novembre segna in maniera inequivocabile un “salto di qualità” nella solidarietà con la resistenza palestinese per quanto riguarda il nostro paese.
Dopo le manifestazioni di questo fine settimana in una ventina di città italiane, le occupazioni e le manifestazioni nelle università, le prime occupazioni negli istituti superiori, il boicottaggio popolare contro Israele ed i suoi complici – tra cui il nostro governo e l’Unione Europea – e la disobbedienza civile di massa sembrano muovere i primi passi verso azioni concrete ed incisive.
A Genova, dalle sei del mattino, è stato bloccato uno dei principali varchi portuali – quello di San Benigno – con un presidio in prossimità dell’accesso portuale in uno snodo strategico del traffico dei Tir, deviati non senza difficoltà al varco Etiopia, cosa che ha messo in tilt il normale flusso di camion.
Alcune centinaia di manifestanti sono poi partiti a metà mattinata per un corteo che è arrivato fin sotto la sede della ZIM – la compagnia di navigazione israeliana ZIM Integrate Shopping Ltd. – una delle prime venti compagnie di navigazione mondiali, quotata alla borsa di New York nel gennaio del 2021, con il supporto di Citigroup, Goldman Sachs e Barclays; un gruppo che nel marzo dello stesso ha riportato i più grandi profitti della sua storia lunga 75 anni, anche grazie al traffico di armi verso lo Stato sionista.
Un gigante del mare battente bandiera israeliana con diverse sedi in Italia, un attore di spicco nel sistema marittimo-portuale mediterraneo, la cui attività (come aziende simili) si svolge in relativa “opacità” grazie alla complicità alle varie autorità nazionali che monitorano il traffico marittimo.
Il corteo, dopo aver sostato di fronte alla sede della ZIM – protetta dalle forze di polizia in assetto antisommossa di fronte all’entrata – è ripartito in direzione del presidio, raggiungendo chi aveva mantenuto il blocco attivo, marcando così la propria presenza fino a mezzogiorno.
Una giornata di lotta che ha lasciato il segno e che ha trovato un certo risalto mediatico già dal suo annuncio, considerato che si inserisce in una serie di azioni globali contro i traffici di armi verso Israele, contro l’apparato militare-industriale che lavora per lo Stato sionista e la filiera della ricerca bellica che collabora con Tel Aviv.
Una gigantesca bandiera palestinese è stata dipinta sull’asfalto in prossimità del blocco, con la scritta “Stop Wars” e “Free Palestine” in inglese ed arabo, mentre di fronte alla sede della compagnia israeliana bersagliata di vernice rossa è stato scritto sul manto stradale “Stop al traffico di Armi. Israele Assassina”.
Numerosi interventi si sono succeduti ai sin dalla prima mattina nel presidio convocato dal CALP, che è riuscito a riunire tutto l’arco dell’attivismo politico-sindacale della città e ha richiamato numerosi compagni e compagne da fuori la Superba.
La portavoce nazionale di Potere al Popolo, Marta Collot, è intervenuta ed ha ricordato, parlando della manifestazione del 4 novembre a Roma, l’appello che ne è scaturito per «costruire il 19 novembre a Roma una grande assemblea cui siete tutti invitati per partecipare per costruire il boicottaggio a quelli che sono i crimini israeliani, per costruire un boicottaggio largo e popolare a quello che sta facendo Israele in Palestina, per fare sì che il popolo palestinese non sia solo, e per dare il nostro contributo non solo riempiendo le piazze, ma anche costruendo con momenti come oggi – e speriamo che si allarghino sempre di più e si estendano – di lotta e sostegno concreto la causa del popolo palestinese che parla a tutti e tutte noi».
La Collot faceva riferimento all’appello lanciato dal Comitato Angelo Baracca, promotore della manifestazione nazionale del 4 novembre, che ha convocato un’assemblea per domenica 19 novembre alle 10:30 all’Intifada di Roma “per rilanciare l’importanza del boicottaggio e delle sanzioni verso lo Stato sionista”.
Uno studente dell’Opposizione Studentesca di Alternativa ha ricordato «il silenzio e la complicità dell’Occidente che si è subito schierato con Israele», ricordando che quella del CALP è «un esempio di lotta concreta contro il traffico di armi nel porto di Genova».
Ha poi annunciato che saranno in piazza in tutta Italia nella giornata di mobilitazione del 17 novembre con le parole d’ordine: “soldi alla scuola e non alla guerra!”, secondo l’efficace slogan lanciato in un comunicato congiunto con Cambiare Rotta alcuni giorni fa.
Una studentessa universitaria di Cambiare Rotta ha quindi ricordato come «è da azioni di boicottaggio come questa che parte l’opposizione alla guerra e alle barbarie dell’Occidente».
Ha poi parlato delle varie occupazioni che si sono sviluppate in vari atenei «da Napoli a Roma» e le diverse petizioni che «pretendono la cessazione degli accordi tra le università, la filiera della guerra e lo Stato illegittimo di Israele». Ha confermato inoltre la presenza degli studenti all’assemblea nazionale di Roma, il 19 novembre.
Se il CALP è stato il promotore di questa giornata di lotta, rispondendo all’appello formulato il 16 ottobre dai sindacati palestinesi, l’Unione Sindacale di Base – insieme ad una parte del sindacalismo conflittuale – l’ha subito fatta propria.
Sta di fatto emergendo la volontà, nel sindacalismo combattivo a Genova, la necessità di un momento di lotta cittadino che dia la possibilità ai lavoratori di esprimere, con una azione adeguata, la propria opposizione al massacro palestinese incrociando le braccia.
Allo stesso tempo, in tutto il sindacato, è sorta l’esigenza di un momento di confronto nazionale delle categorie operaie su come agire – in quanto lavoratori – su tutto il complesso militar-industriale che va dal manifatturiero alla logistica, e non solo in quello portuale.
Così com’è avvenuto il 25 febbraio scorso, deve emergere un “punto di vista operaio” sul conflitto arabo-israeliano in corso, facendo ricorso agli storici strumenti che il movimento dei lavoratori ha messo in campo per fermare le guerre, aggregando un’ampia area di consensi in una azione concreta.
Un’altra azione importante è stato il blitz alla sede del Parlamento Europeo a Roma, con relativa occupazione. Qui è stato esposto lo striscione: “UE complice di Israele”, e gli attivisti hanno consegnato la lista delle oltre 10mila vittime civili palestinesi a Gaza.
Hanno chiesto anche una presa di posizione immediata per il cessate il fuoco, nonché “l’interruzione di accordi e finanziamenti attraverso programmi di ricerca che l’Unione Europea destina ogni anno allo stato coloniale d’Israele”.
É chiaro che questo venerdì apre con i fatti un orizzonte differente alla possibilità di esprimere un sostegno concreto alla Palestina, e pensiamo che l’assemblea di domenica 19 novembre a Roma possa essere una prima cornice condivisa, in un percorso che intrecci la mobilitazione di piazza con il boicottaggio attivo e la disobbedienza civile di massa.
Perché chi fa la guerra al popolo palestinese non va lasciato in pace.