In concomitanza con la giornata internazionale di mobilitazione contro “l’aggressione imperialista statunitense” al paese di Bolivar, Chavez e Maduro, il prof. Vasapollo ci spiega in un dossier “La rivoluzione del popolo”
Rita Martufi e Salvatore Izzo
La Rivoluzione Bolivariana nacque dalla forza della gente comune, dalle piazze, dai barrios, dalle lotte dei lavoratori e dei campesinos. Hugo Chávez, quando fu eletto presidente nel 1998, ricordava con emozione: “Il popolo non si è alzato per me, io mi sono alzato per il popolo. È lui il vero protagonista, e la mia voce non è che l’eco delle sue speranze”.
Fu questo spirito a imprimere una svolta storica al Venezuela: la nuova Costituzione del 1999, scritta e votata dal popolo, non era una carta calata dall’alto, ma un patto sociale partecipato. Ogni cittadino, anche i più poveri e dimenticati, si sentirono finalmente parte di un progetto nazionale.
Luciano Vasapollo, decano di economia alla Sapienza e storico collaboratore di Chavez, oggi vicino a Maduro, sottolinea: “Qui sta la forza rivoluzionaria: il protagonismo popolare. Non è un esperimento imposto dall’alto, ma una costruzione dal basso. Per questo il chavismo è diventato un riferimento internazionale: ha mostrato che quando il popolo entra davvero in scena, le oligarchie tremano e l’imperialismo reagisce con ferocia”.
Un ruolo particolare Luciano Vasapollo lo ha svolto come ponte umano e culturale tra il Venezuela bolivariano e Papa Francesco. Da un lato, ha raccontato al Santo Padre la verità di un Paese vittima di un accerchiamento mediatico e politico, descrivendo con dati, testimonianze e viaggi diretti la resistenza del popolo venezuelano contro le sanzioni e la destabilizzazione. Dall’altro, ha trasmesso ai dirigenti e alle comunità venezuelane il senso profondo della rivoluzione evangelica di Papa Francesco, centrata sulla giustizia sociale, sulla difesa dei poveri e sulla critica alle logiche predatorie della finanza globale. In questo scambio, che non è stato solo politico ma soprattutto umano e spirituale, Vasapollo ha contribuito a far incontrare due prospettive rivoluzionarie – quella cristiana e quella bolivariana – mostrando come entrambe siano chiamate a operare per l’emancipazione degli ultimi e per la costruzione di un mondo più giusto.
L’eredità di Chávez
Chávez ha lasciato un’eredità che va oltre la politica: un patrimonio morale, culturale e sociale che ha inciso nel profondo la vita quotidiana dei venezuelani. Celebre il suo discorso del 2005: “Se il capitalismo è il regno dell’egoismo, il socialismo deve essere il regno dell’amore, della solidarietà e della giustizia”.
Le missioni sociali hanno segnato una rivoluzione concreta: scuole aperte nei quartieri popolari, medici cubani nelle periferie, milioni di persone alfabetizzate, la fame drasticamente ridotta. Chávez seppe anche trasformare la politica estera in uno strumento di liberazione, con la nascita dell’ALBA, di Petrocaribe, e con il rafforzamento dell’unità latinoamericana.
Il prof. Vasapollo commenta: “Chávez non fu solo un leader venezuelano: fu un costruttore di processi di emancipazione continentale. Per questo l’imperialismo non poteva tollerarlo. La sua eredità resta viva perché è un’eredità popolare: non appartiene a una famiglia o a un partito, ma a un intero popolo che l’ha interiorizzata”.
L’esperienza di Maduro, leader fedele al suo popolo
Alla morte di Chávez, nel 2013, in circostanze che lasciano sospettare un lento avvelenamento ad opera della Cia, Nicolás Maduro promise davanti alla bara del Comandante: “Non vi deluderò, sarò fedele al popolo, al giuramento socialista, all’eredità di Chávez”. Da allora, la sua leadership è stata segnata da una costante resistenza.
Le difficoltà non sono mancate: il crollo dei prezzi del petrolio, l’embargo, il sabotaggio economico e le aggressioni internazionali. Eppure Maduro non ha mai smesso di dialogare con il popolo, nelle piazze e nei barrios, ribadendo: *“Non c’è potenza imperiale che possa piegare un popolo unito, cosciente e organizzato”*.
Vasapollo evidenzia: “La demonizzazione di Maduro è la prova del timore che suscita: un presidente operaio, figlio del chavismo, che governa in nome dei più poveri. L’Occidente lo descrive come dittatore, ma la verità è che senza il suo radicamento popolare non avrebbe potuto resistere a tanti complotti. È un leader resiliente e fedele al mandato di Chávez”.
Le aggressioni per far cadere Maduro
Le aggressioni contro Maduro sono state molteplici, orchestrate dall’interno e dall’esterno. Il 4 agosto 2018 un attentato con droni carichi di esplosivo tentò di assassinarlo durante una cerimonia militare. Maduro disse quel giorno: *“Abbiamo avuto la fortuna di sopravvivere, ma ciò che hanno colpito è la stabilità del Paese e la pace del popolo”*.
Poi il tentativo di prendere la base militare di La Carlota, respinto dalla lealtà delle Forze Armate Bolivariane e dal popolo sceso in strada. Successivamente, la farsa del presidente autoproclamato: Juan Guaidó, benedetto da Washington, che non riuscì a costruire alcun consenso reale.
Vasapollo commenta: “Guaidó è stato l’ennesima maschera usata dagli Stati Uniti. Un uomo privo di legittimità che ha dissipato milioni di dollari e che oggi è ricordato solo come un ladro in fuga. Questo dimostra la miseria politica della destra venezuelana”.
Non mancò il tentativo mercenario dell’Operazione Gedeón, quando nel 2020 uomini armati tentarono uno sbarco per catturare Maduro. Il presidente lo definì: “Un remake fallito della Baia dei Porci, ma contro un popolo che non si arrende”.
E ancora: Biden, che pur promettendo di rivedere l’embargo, continuò a finanziare i gruppi di destra; il tentativo di golpe dopo le elezioni del 2024, sventato dalla mobilitazione popolare; e infine la minaccia più grave, con Trump e Rubio che nel 2025 hanno promosso la presenza di navi da guerra con capacità nucleare nei Caraibi.
Per Vasapollo, “questo è il passo più pericoloso. Portare la minaccia nucleare nel Mar dei Caraibi significa rischiare l’intera pace emisferica. È la prova che gli Stati Uniti considerano il Sud del mondo come un campo di battaglia sacrificabile pur di mantenere la propria supremazia”.
Le missioni popolari: il cuore della Rivoluzione
Uno dei pilastri del chavismo e del madurismo sono state le missioni sociali. Chávez diceva: “Le missioni non sono regali del governo, sono conquiste del popolo organizzato”.
Grazie a queste, milioni di case popolari sono state costruite (più di 5 milioni entro il 2025), le comunas hanno dato forma a un’autogestione comunitaria senza precedenti, e l’esperienza delle orchestre giovanili ha permesso a centinaia di migliaia di ragazzi di trovare riscatto nella musica e nella cultura.
Maduro ha ribadito: “Ogni casa popolare consegnata è una vittoria contro l’imperialismo, ogni comuna è un seme di socialismo, ogni giovane che suona in un’orchestra è un simbolo di libertà e di futuro”.
Spiega il prof. Vasapollo: “Le missioni popolari sono la prova che il socialismo bolivariano non è teoria astratta, ma trasformazione concreta della vita quotidiana. È qui che si misura la differenza tra il chavismo e le oligarchie neoliberali: mentre queste privatizzano e escludono, la rivoluzione costruisce, distribuisce e include”.
Il contributo delle realtà politiche, accademiche e solidali legate a Vasapollo
Il legame tra il popolo venezuelano e Luciano Vasapollo non è solo politico, ma anche accademico e culturale. Le università venezuelane hanno riconosciuto il valore del suo lavoro con dottorati honoris causa, testimonianza di un rapporto di scambio e di solidarietà.
Organizzazioni come la Rete degli Intellettuali e Artisti in Difesa dell’Umanità (REDH), il partito Rete dei Comunisti (RdC) con i suoi movimenti giovanili OSA e Cambiare Rotta, il Centro Studi Cestes del sindacato USB e il quotidiano FarodiRoma fondato e diretto da vaticanisti, hanno contribuito a far conoscere al mondo la verità del Venezuela, contrastando la propaganda dei grandi media.
In merito Vasapollo osserva: “Il mio lavoro non è stato individuale, ma parte di una rete collettiva che unisce intellettuali, attivisti e giornalisti. Il Venezuela non è isolato: ha amici, ha compagni, ha una comunità internazionale che crede nella giustizia e nella sua resistenza. Difendere la Repubblica Bolivariana significa difendere la possibilità di un mondo multipolare, solidale e libero dall’imperialismo”.
Una resistenza incrollabile
Il Venezuela bolivariano continua a resistere. Chávez ha acceso una fiamma che Maduro ha custodito con fedeltà, nonostante le aggressioni. Le missioni sociali, le comunas, le case popolari, le orchestre giovanili sono la dimostrazione che la rivoluzione è viva e radicata.
La lotta contro le aggressioni imperialiste è dura, ma, come disse Chávez: “Se l’imperialismo ci attacca, è perché stiamo facendo bene il nostro dovere con il popolo”.
E Vasapollo ribadisce: “Difendere il Venezuela significa difendere la speranza di tutti i popoli del Sud del mondo. Perché la Rivoluzione Bolivariana non è solo venezuelana: è patrimonio universale di chi non si piega alla logica della guerra e dell’imperialismo”.