Luciano Vasapollo – Rita Martufi – Mirella Madafferi
«I sogni non si vendono».
Armonica, in C’era una volta il West, di Sergio Leone
Il presente Trattato è frutto di un’attenta e completa rielaborazione, attualizzazione e importanti inserimenti di aggiornamento, a partire anche, come base iniziale di riferimento, dai volumi MAAT. Capitale, crisi e guerra. Metodi di Analisi Antimperialiste per le Transizioni [1] e SIDUN. In direzione ostinata e contraria…Capitale, crisi e guerra[2] .
L’analisi dei fenomeni della società capitalistica, oggetto di studio dei numerosi testi[3] della Scuola Marxista Decoloniale per la Tricontinental del Pluripolarismo, ha permesso l’individuazione dei pilastri portanti della critica dell’economia e dell’economia critica, che sono da inquadrare nella produzione e riproduzione di uomini nel divenire storico, ossia alla luce dei rapporti storici e sociali determinati.
Negli ultimi decenni, si è sviluppato un ricco dibattito sulle prospettive del sistema mondiale, evidenziando le tendenze mondiali già chiaramente evidenti a livello internazionale secondo modelli e leggi dello sfruttamento capitalistico nelle relazioni tra paesi. Questo dibattito si è intensificato dagli anni ’70, evidenziando una maggiore consapevolezza delle dinamiche globali e delle disparità economiche tra le diverse regioni del mondo. Rifuggendo da qualsiasi meccanicismo, positivismo o messianismo socialista, sono state superate le concezioni che contemplavano la tendenza del capitalismo ad evolvere, naturaliter, in modello socialista.
Citando Amin[4] , la frontiera tra questi due modelli è senza dubbio rappresentata da una vera e propria rivoluzione sociale. Stante la condizione endemica delle diseguaglianze e delle asimmetrie nello sviluppo delle forze produttive tra paesi, nel quadro del sistema mondiale dominato dal capitalismo, sono state – a partire dal dibattito poc’anzi ricordato – tentate delle formulazioni di scenari, proprio relativi allo sviluppo di sistema. Fattore determinante di questi scenari non può che essere l’esito della lotta di classe, nel pieno solco della lezione marxiana fondata sull’assunto per cui «la storia di ogni società sinora esistita è storia delle lotte di classe»[5] .
I problemi relativi alle trasformazioni produttive con le nuove catene del valore, pone anche la riflessione sul ruolo degli intellettuali, ricercatori, uomini di scienza nel mondo contemporaneo e nei suoi ritorni sulle produzioni ad alta applicazione di nuova tecnologia, come quelle rappresentati dalla guerra e dall’uso militare della tecnica sociale, sono stati in verità presto posti, proprio in concomitanza con l’accelerazione di un nuovo moto guerrafondaio, esordito a inizio anni ’90 con la guerra del Golfo.
Nonostante il graduale incremento della centralità con il peso degli intellettuali, conquistato lungo tutto il XX secolo, attraversando un secolo di infiniti massacri, per usare un’espressione contenuta nell’intervento di A. D’Orsi ad un importante convegno a inizio del nuovo millennio[6] . Nello stesso intervento, attraverso la forza metaforica del tradimento dei chierici di Julien Benda[7] , è stato registrato un progressivo abbandono della funzione critica degli intellettuali, di quella attività di emancipazione civile che, al contrario, in senso generale, il XX secolo aveva a essi chiaramente riconosciuto.
La storia del pensiero intellettuale pacifista è stata suddivisa attraverso la seguente tripartizione: pace negativa, intesa come condizione d’assenza di guerra; pace positiva, intesa come non presenza tanto di guerra quanto di violenza intesa in modo strutturale; pace intesa come non violenza, rappresentante la trasformazione dei conflitti a diversa scala ripudiando l’uso della violenza[8] .
Nella definizione di tali scenari, la scienza assume un ruolo tendenzialmente inedito: superando la rigida separazione tra scienza tecnologia, è stato plasmato, anche attraverso il neologismo tecnoscienza, l’intreccio sempre più organico rappresentato da una nuova frontiera della teoria e della prassi scientifica, non più relegata nei suoi tradizionali confini, anche fisici, come quelli dei laboratori pubblici, per invece sposare la via militare al progresso scientifico (con la conseguenza di un tendenziale incremento dei laboratori e dei luoghi scientifici nell’industria bellica).
I rapporti che caratterizzano alla base il Modo di Produzione Capitalistico (MPC) possono essere distinti in due categorie principali: da un lato, si hanno gli elementi sovrastrutturali, come la religione e lo Stato, che influenzano e regolano i rapporti sociali dall’alto; dall’altro lato, vi sono invece gli elementi strutturali, più concreti e materiali, come la relazione tra lavoro vivo (il cosiddetto capitale variabile) e lavoro morto.
Quest’ultimo si identifica nei mezzi di produzione e nei beni capitalizzati, cioè quegli strumenti all’interno dei quali il lavoro già svolto persiste, assumendo la forma di capitale fisso o costante, che non può essere considerato lavoro vivo. Pertanto, il lavoro vivo si determina attraverso la forma di forza-lavoro, mentre il lavoro morto si traduce nella forma di capitale; l’interazione tra questi due fattori costituisce, dunque, il processo reale della produzione, definendone gli scopi e le dinamiche fondamentali.
Appare necessario, dunque, cominciare a delineare delle precisazioni preliminari sulle categorie marxiane che dialogheranno con l’analisi teorica di questo Trattato. Anzitutto è doveroso sottolineare la differenza che intercorre tra i concetti di Modo di Produzione Capitalistico (MPC) e i cosiddetti capitalismi: il primo è un modello teorico di esplicitazione, un’astrazione che non è mai possibile trovare allo stato puro; il secondo concetto, invece, rappresenta una configurazione storico-geografica del primo.
Lo studio di Marx de Il Capitale[9] si concentra proprio sullo studio del MPC e non, come erroneamente a volte si dice, del capitalismo del XIX secolo o inglese, ma proprio sullo studio sul funzionamento generale, caratteristica che rende le categorie marxiane sempre attuali, anche per capire la rappresentazione del capitalismo odierno: se così non fosse questo modello teorico elaborato da Marx sarebbe piuttosto un’esplicazione storica. Le leggi oggettive di questo sistema regolano il funzionamento del capitalismo nella sua interezza.
I capitalismi, invece, rappresentano configurazioni storicamente determinate del Modo di Produzione Capitalistico. Le diverse forme di capitalismo, come quello anglosassone, renano o italiano, operano all’interno delle stesse leggi generali ma assumono caratteristiche specifiche in base ai contesti storici e geografici. La crisi sistemica del capitalismo supera le specificità dei singoli capitalismi e investe l’intero modello di accumulazione.
Un ulteriore elemento di riflessione riguarda la distinzione tra mondializzazione e globalizzazione. Spesso la globalizzazione viene presentata in chiave ideologica, mentre la mondializzazione capitalistica è caratterizzata da un’economia globalmente integrata secondo le logiche del capitale. Già in epoca romana si osservavano forme di espansione che collegavano territori e influenzavano culture e architetture.
La fase attuale, tuttavia, è segnata dalla pervasività del capitale su scala mondiale. La retorica della globalizzazione ha portato alla polarizzazione tra posizioni “no global” e “sì global”, trascurando la questione fondamentale: quale direzione sociale imprimere a questi processi. La gestione di tali fenomeni richiede il controllo della scienza e delle innovazioni tecnologiche, l’accessibilità dei farmaci, la riduzione del potere delle multinazionali e un maggiore controllo collettivo.
La difficoltà metodologica di coniugare il metodo logico con l’indagine storica senza ridurre le epoche storiche a schemi rigidi e separati viene affrontata attraverso l’analisi marxiana che, pur necessitando di astrazioni teoriche, non può cadere nell’errore di schematizzare rigidamente le epoche storiche, poiché la storia è un insieme di stratificazioni e interazioni complesse. La posizione di Althusser[10] , che separa radicalmente il concetto di storia dall’analisi concreta degli eventi, rischia di svuotare di contenuto la dimensione storica stessa.
L’analisi di Marx si focalizza sempre sul carattere storico del capitalismo, e come la forza del capitale si determini per la sua distruzione e non al suo sviluppo; lo stesso Marx spiega che il valore oggettivato delle macchine si presenta come ipotesi di fronte alla quale la forza valutata della capacità lavorativa individuale sparisce come qualcosa di infinitamente piccolo.
L’accumulazione del sapere e della destrezza-capacità delle forze produttive generali del cervello sociale è assorbita così rispetto al lavoro dal capitale e si presenta come proprietà del capitale e più precisamente del capitale fisso nella misura in cui questo entra come vero mezzo di produzione nel processo produttivo. Una dimostrazione che riflette l’analisi storica concreta del ruolo delle macchine, posto in funzione del capitale è la seguente: il volume quantitativo e l’efficacia con i quali il capitale si è sviluppato come capitale fisso, indicano in generale il degrado con cui il capitale stesso si è sviluppato e ha sottomesso il processo di produzione.
Nella stessa misura in cui il tempo di lavoro è posto dal capitale come unico elemento determinante spariscono il lavoro immediato e la sua quantità come principio determinante della produzione. Marx continua spiegando come il lavoro immediato sia ridotto ad una proporzione residua e subordinata nell’applicazione tecnologica delle scienze naturali. Questa analisi permette di concludere che il capitale lavora a beneficio della propria dissoluzione come forma dominante della produzione 11.
A fronte di una tradizionale critica mossa nei confronti delle categorie e dell’analisi di Marx, è possibile replicare evidenziando che proprio la rimozione e il muro opposto a qualsiasi riflessione radicalmente critica su limiti ed effetti, oramai storicamente dati, del sistema capitalistico, hanno contribuito ad affermare e garantire uno status in cui, parafrasando le parole del fondatore del socialismo scientifico in Miseria della filosofia[12] , tutto è ridotto a cose, a merci precisamente, materia di cui si compone il trono su cui governano il profitto e le sue logiche nella società.
Vi sono, allora, due modi per comprendere l’economia e i suoi fenomeni. Uno fondato sulla centralità delle merci e dei loro prezzi in modo distinto ed impermeabile alla realtà, all’economia del vivere, del lavoro e alle istanze sociali. «Tale concezione convenzionale, assolutamente dominante nel moderno paradigma neoliberista, si basa sull’idea che nei fatti esistano soltanto individui programmati per agire, in maniera pressoché univoca, in funzione della ricerca razionale e sistemica dell’interesse personale»[13] .
La semplificazione dicotomica tra classi dominanti e classi subalterne, però, è insufficiente per comprendere la complessità delle dinamiche sociali contemporanee. La classe lavoratrice, ad esempio, non è un blocco monolitico, ma un insieme frammentato che include operai, contadini, impiegati e lavoratori precari. Allo stesso modo, la classe dominante comprende realtà differenti, dal piccolo proprietario alla multinazionale, ciascuna con interessi e strategie diverse. L’analisi critica deve quindi tener conto di queste diversità per comprendere le dinamiche di potere e le trasformazioni sociali.
La riflessione sul metodo non può prescindere dall’analisi delle fasi storiche dello sviluppo, in particolare quelle legate ai processi imperialistici e interimperialistici. In queste fasi, è fondamentale interrogarsi su quali settori della società privilegiare nell’analisi e nell’azione, ponendo attenzione alle relazioni tra centro e periferia, tra mondo industrializzato e aree colonizzate o post-coloniali.
Sono da criticare e certamente discutere le tesi più inclini alla naturalizzazione dell’economia, dei fenomeni economici, delle dinamiche complessive della società. Da tale postulato muove la critica al pensiero ricardiano e ad ogni teoria fondata sul rifiuto dell’accettazione del divenire storico come terreno fondamentale di sviluppo della vicenda umana generale; sulla negazione della decisiva funzione dell’agire umano nella società, dell’artificialità storica delle regole o delle leggi che la governano.
Per quanto riguarda il materialismo dialettico, l’idea è di una realtà oggettiva che si evolve in modo causale e che è comprensibile agli uomini. In base alla concezione materialistica di Lenin, la realtà esiste indipendentemente dall’uomo, mentre le nostre sensazioni e la nostra coscienza sono solamente l’immagine del mondo esterno. L’immagine non può esistere senza l’oggetto che essa rappresenta, mentre l’oggetto può esistere indipendentemente dall’immagine.
Per il materialismo dialettico, inoltre, l’universo e ciò che lo compone sono in continua evoluzione ed esiste sempre un rapporto di causa-effetto che lega i fenomeni. Tuttavia, i fondatori e sostenitori della meccanica quantistica rinvenivano nella filosofia materialista una posizione antitetica alla propria nell’ambito scientifico e, in effetti, introdussero dei contenuti idealistici e irrazionalistici nella teoria.
Il dibattito resta aperto, dunque, sulla natura della filosofia marxista: se essa debba essere intesa come scienza delle leggi del pensiero e della storia, oppure se debba rivestire una funzione metodologica e critica nei confronti delle scienze particolari. La tensione tra queste due interpretazioni attraversa tutta la tradizione marxista, anche quella contemporanea, e continua a stimolare riflessioni sull’autonomia e il ruolo della filosofia nel contesto del materialismo dialettico.
Prestipino[14] , evidenzia come il dibattito sulla dialettica nel pensiero marxista abbia attraversato diverse fasi di interpretazione, influenzate dalle correnti filosofiche dominanti e dalle esigenze teoriche del tempo, e un punto dirimente della discussione riguarda il rapporto tra la dialettica hegeliana e la sua rielaborazione in chiave materialistica da parte di Marx ed Engels. Engels, nella sua riflessione filosofica, ha cercato di estendere la dialettica anche alla natura, concependo le leggi dello sviluppo storico come applicabili a ogni ambito del reale.
Questa posizione ha suscitato un acceso dibattito, in particolare riguardo alla riducibilità delle cosiddette leggi engelsiane a un’unica formula generale. Nel Ludwig Feuerbach[15] , Engels afferma che la dialettica è l’unica parte della filosofia che sopravvive nella scienza moderna, mentre nel Dialettica della natura[16] sembra attribuirle un ruolo più ampio e autonomo. Questa oscillazione tra una visione più riduttiva della filosofia e un suo possibile riutilizzo metodologico ha generato le differenti interpretazioni all’interno del marxismo, finora analizzate.
Uno dei nodi principali del dibattito si sviluppa sul confronto tra il modello dialettico più diffuso in Engels e quello più familiare a Marx, in cui il primo tende a considerare le leggi della natura e dell’evoluzione biologica come paradigma universale dello sviluppo storico, come suggerisce l’influenza del darwinismo nel suo pensiero. Marx, al contrario, vede la dialettica materialistica come uno strumento teorico applicabile alla natura, ma verificabile appieno solo nei processi di trasformazione delle formazioni socio-economiche.
Engels esprime chiaramente questa concezione nell’Antidühring, affermando che «se già il semplice movimento meccanico locale contiene in sé una contraddizione, ancor più la contengono le forme più elevate di movimento della materia e, in modo assolutamente particolare, la vita organica e il suo sviluppo»[17] , evidenziando il tentativo di applicare la dialettica a livelli diversi della realtà, con il rischio di un’eccessiva generalizzazione. Il dibattito si è poi confrontato sulla distinzione tra la dialettica hegeliana e quella marx-engelsiana.
Marx ed Engels cercarono di superare gli elementi statici e circolari della dialettica hegeliana, enfatizzando invece un movimento di scontro tra processi avversi, dove l’uno nega l’altro modificandolo e condizionandolo in modo irreversibile. Questo approccio si oppone alla concezione triadica hegeliana, che presuppone una sintesi finale come momento di riconciliazione; come si può constatare in L’Ideologia tedesca «il comunismo si distingue da tutti i movimenti finora esistiti in quanto rovescia la base di tutti i rapporti di produzione e le forme di relazione finora esistite»[18] , i fondatori del socialismo scientifico sottolineano l’idea di un processo storico che non segue uno schema prestabilito, ma che si sviluppa attraverso contraddizioni reali e trasformazioni imprevedibili.
Il testo della Dialettica della Natura[19] propone le leggi della dialettica, che sono astratte e derivano dalla storia della natura e della società umana. Esse vengono identificate in tre leggi: la legge della trasformazione della quantità in qualità e viceversa; le leggi della compenetrazione degli opposti; e la legge della negazione della negazione.
Secondo la visione di Engels, le leggi possono essere interpretate in funzione della prospettiva secondo la quale tutto compone la realtà, pertanto il nostro pensiero soggettivo e il mondo oggettivo sono subordinati alle stesse leggi (endomorfismo). Inoltre, definisce e concretizza il punto focale delle leggi, in cui la dialettica è intesa come una scienza delle leggi più generali, esse sono valide poiché si applicano al movimento in natura e alla storia umana come mozione di pensiero.
Queste differenti sfere di realtà, la storia della natura e la storia degli esseri umani, sono subordinate alla stessa regolarità e le stesse leggi inducono alla difficoltà di distinzione delle stesse. Engels non ha mai negato che la mozione e il movimento hanno luogo nel pensiero umano, o che anche quest’ultimo è subordinato alle leggi dialettiche, ma è sempre stato chiaro sulla funzione del pensiero umano, sottolineando le identità strutturali delle diverse sfere storiche che compongono la realtà stessa.
Dunque, le dinamiche che si sviluppano tra il soggetto e l’oggetto di consapevolezza non sono generate dalla propria storia di natura unica. Engels considera che l’influenza dell’attività umana risiede nel suo pensiero, per cui si sviluppa l’alterazione della natura anche da parte dell’uomo, che, come essere umano, ha imparato a cambiare la natura per mezzo dello sviluppo della sua intelligenza.
In effetti, in un’intervista del 2020, presente nella prefazione del libro Cerco un Multicentrismo di Gravità Permanente, rivolta ad Abel Prieto e Luciano Vasapollo, quest’ultimo affermava che «oggi il mondo è molto più simile a quello che Marx aveva previsto di quanto lo fosse nel momento in cui scrisse le sue opere. (…) L’analisi e la pratica marxista mantengono tutta la loro attualità»[20] .
Anche oggi il Modo di Produzione Capitalistico non riesce a garantire in alcuni luoghi del mondo i principi fondamentali, ossia i diritti universali dell’uomo e del cittadino. Inoltre, la società, come nel passato, continua a perseguire interessi materiali ed economici che scaturiscono delle reali disuguaglianze socioeconomiche. Nell’attualità è prevalente la tendenza all’individualismo e all’isolamento proprio come nella società civile dello Stato Moderno e la divisione internazionale del lavoro incentiva questo fenomeno.
La globalizzazione capitalista ha generato una crescente precarizzazione del lavoro, una diminuzione dei salari reali e disoccupazione. È sempre più pesante lo sfruttamento del/nel lavoro e sempre più presente una moderna schiavitù dei lavoratori: il lavoratore viene sfruttato attraverso l’aumento delle ore lavorate per il guadagno dell’impresa ed il suo stipendio non prevede, nella maggior parte dei casi, il pagamento del suo pluslavoro, ma al contrario una diminuzione della sua retribuzione ordinaria.
Siamo davanti a un capitalismo selvaggio che punta su un nuovo ruolo svolto dallo Stato-Impresa, da un Profit State del dominio tecno-economico con sempre più forti connotati di coercizione globale sociale. È sulle speculazioni finanziarie, sul nuovo ruolo assunto da una comunicazione deviante, risorsa strategica del capitale, che si giocano gran parte degli scontri della competizione globale; si tratta di dinamiche che vedono sempre più soccombere l’economia produttiva reale, ormai divorata da una economia virtuale la quale è fortemente basata su risorse immateriali ed è al contempo struttura centrale della strategia dell’imperialismo del capitale; un potere determinato nel distruggere i bisogni primari e le aspirazioni redistributive e ugualitarie dell’umanità.
Inoltre, i moderni luoghi di lavoro sono soggetti ad una continua supervisione prevalentemente affidata alle tecnologie di sorveglianza. La classe manageriale utilizza una vasta gamma di strumenti per monitorare i dipendenti, l’analisi del loro contributo sui social media, la valutazione delle risposte alle e-mail e l’osservazione della partecipazione alle riunioni, fornendo suggerimenti ai dipendenti per lavorare più velocemente ed efficientemente.
I dati dei dipendenti vengono sfruttati per prevedere chi ha maggiori probabilità di successo, basandosi su parametri ristretti e quantificabili, chi potrebbe allontanarsi dagli obiettivi aziendali e chi potrebbe organizzare altri lavoratori. Con la diffusione dell’intelligenza artificiale nei luoghi di lavoro, molti dei sistemi di monitoraggio di base vengono potenziati con nuove capacità predittive, trasformandosi in meccanismi di gestione dei lavoratori sempre più invasivi[21] .
Uno degli aspetti centrali da comprendere e considerare riguarda oltremodo il conflitto capitale-natura. Vasapollo Domenico[22] ha portato avanti l’indagine della contraddizione tra capitale-ambiente, e di come la massimizzazione del profitto, non tenga conto dei limiti ecologici, sfruttando indiscriminatamente le risorse naturali, e portando a un deterioramento dell’ambiente su scala globale: il cambiamento climatico, la deforestazione, la crisi idrica e l’inquinamento sono tutte manifestazioni di un modello produttivo che considera la natura esclusivamente come una risorsa da sfruttare.
La mercificazione della natura, attraverso meccanismi come i crediti di carbonio e la finanziarizzazione delle risorse idriche e forestali, rappresenta una delle strategie di difesa del capitale, perseverando nella subordinazione dell’ecosistema alle esigenze del mercato. L’enfasi in questo particolare filone della elaborazione marxista sulle responsabilità dei disastri della tecnica applicata al processo produttivo capitalistico è fondamentalmente posta sul potere politico del capitale, dal suo confronto con i movimenti sociali e la funzione di filtro operata dalle peculiari forme dello Stato e di distribuzione della ricchezza dallo stesso garantita.
Parimenti, viene evidenziato che «le questioni politiche e ideologiche vengono prima e innanzitutto, mentre le questioni economiche vengono dopo e sono secondarie»[23] posta la politicizzazione delle condizioni della produzione, sulle conseguenze necessarie di fronte al manifestarsi delle crisi capitalistiche degli strumenti di cooperazione e pianificazione posti in essere nello stesso regime capitalistico, sul ruolo del credito nella crisi non quale mero fattore di controtendenza ma come conseguenza della sottoproduzione di capitale e del suo uso improduttivo per «proteggere o ripristinare le condizioni di produzione»[24] poste in discussione dallo sviluppo capitalistico stesso, riproponendo per questa via il concetto di scarsità delle risorse, in un’accezione marxista.
Pertanto, si può sostenere che la contraddizione capitale-natura non è risolvibile all’interno del Modo di Produzione Capitalistico, neanche con politiche keynesiane risultate poi dei meri tappabuchi. La sostenibilità eco-sociale di Cuba e la concezione del Vivir Bien di Evo Morales insegnano, non solo, la complementarità tra uomo e ambiente, ma soprattutto, in che cosa consiste la violenta contraddizione propria del Modo di Produzione Capitalistico e il potenziale conflitto organizzato che una soggettività politica può trarre da una delle contraddizioni più generali, appunto quella ambientale.
In questa lotta, riprendendo Samir Amin, il delinking spaziale e mentale non possono essere separati nell’ottica di porre la prospettiva rivoluzionaria come unica necessità di salvezza dell’umanità tutta, attraverso approfondimento filosofico e prassi politica. «Partendo dalla battaglia delle idee come la chiamava il comandante Fidel Castro, allora i giovani, i meno giovani, i movimenti sindacali, i movimenti per i diritti civili e sociali devono coniugarsi con l’ambientalismo sociale, devono fare una resistenza culturale, ideologica, devono esprimere vita umana, perché la natura è generatrice e determinante della vita umana, le lotte ambientali sono lotte sociali. Il bene comune si chiama natura, l’umanità e l’uomo sono parte integrante parte della natura»[25] .
L’ambiente non è la pattumiera del sistema[26] , non è qualcosa di morto ma è un processo di responsabilizzazione che l’essere umano deve riconoscere così che può porsi i problemi fondamentali del capitalismo e, di conseguenza, la necessità del suo rovesciamento di fronte allo sviluppo ineguale, alla gerarchizzazione dei rapporti di produzione, al feticismo delle merci e alla violenta lotta di classe. È una concezione poi ripresa da tutta l’analisi della teoria della dipendenza, dei delinking, del distacco e dell’imperialismo degli spazi: da Samir Amir, a Jaffe, a Frank, a Bettelheim, a Wallerstein, a Harvey, ad Arrighi.
Storicamente, il nesso tra produzione capitalistica, effetti dell’applicazione della tecnica e risorse naturali è stato chiaramente enunciato da Marx: «la produzione capitalistica sviluppa dunque la tecnica e la combinazione del processo di produzione sociale attraverso l’esaurimento nello stesso tempo di due risorse da cui scaturiscono tutte le ricchezze: la terra e i lavoratori»[27] .
Nello specifico dell’opera Dialettica della natura[28] , Engels descrive la materia come qualcosa che esiste indipendentemente dalla coscienza umana e si sviluppa attraverso processi dialettici, in cui la natura inorganica, rappresenta e comprende tutte le forme di materia che non sono viventi (minerali, gas, energia, fenomeni fisici e chimici) «il movimento è il modo d’esistenza della materia. Nulla nella natura è in quiete, tutto si muove, cambia, si trasforma»[29] , andando così ad opporsi alla concezione meccanicistica della scienza del tempo, in cui la materia inorganica veniva considerata come statica e immutabile.
Tutt’al più Engels sostiene che la materia inorganica è alla base dello sviluppo della materia vivente e che non vi è una frattura tra il mondo inorganico e quello organico, ma una continuità dialettica: «la vita è il modo di esistenza degli organismi albuminoidi, e questo modo di esistenza consiste essenzialmente nel processo metabolico, nell’assimilazione e nella disassimilazione chimica ininterrotta degli elementi della materia»[30] .
Per comprendere i loro scritti, inoltre, risulta necessario analizzare il rapporto di collaborazione che si instaura fra Engels e Marx, il cui oltre ad essere di grande cooperazione e coinvolgimento delle stesse idee e questioni politiche socialiste, secondo un altro punto di vista era basato allo stesso modo su una reciproca volontà di mantenere viva tra loro la dialettica, in cui Marx soleva prevalere.
Un ulteriore punto focale che ci permette di sviluppare la comprensione di quest’opera emerge in funzione dell’analisi del dibattito e delle considerazioni di Engels, che esprime precisamente la contradittoria unità di forze e debolezze, di meriti e colpe, di molteplici punti di vista nella sua concezione materialista. Lo scritto Dialettica della Natura[31] è inteso come emblema non convenzionale della collettività scientifica e di una più grande tradizione della cultura filosofica.
Engels con questo scritto ha esteso e sviluppato il processo dialettico anche in merito alla divulgazione del campo della natura, mentre prima era limitato esclusivamente all’approccio storico e sociale della realtà. La dialettica per Engels è il solo criterio che consente di cogliere la realtà nella sua concretezza e nel suo divenire, e allo stesso modo, la forma stessa attraverso cui la realtà si trasforma. Essa emerge non appena si analizzi qualsiasi aspetto del pensiero umano, della natura, così come della storia.
Tutta la realtà, nel momento in cui la si osserva, ci appare come un insieme di nessi dove tutto cambia, nasce, si riproduce e muore. «Il processo conoscitivo, nella sua accezione più ampia, non può che avere come oggetto la totalità delle relazioni sociali, totalità che tuttavia non è già data una volta per tutte, ma si modifica continuamente nella dialettica del processo storico. Il marxismo è la filosofia di questo movimento dialettico della realtà nella coesistenza e reciproca influenza dei suoi diversi elementi»[32] .
Nell’attuale fase di competizione capitalistica globale, c’è una propensione a sottoporre l’intera realtà – in tutte le dimensioni e i campi dell’umano, a partire da quello economico – alla logica del business, del profitto creando un potere ideologico dominante. Chi subisce le maggiori conseguenze è chi decide di subire la realtà del capitale come individuo singolo e non come entità sociale collettiva, e che quindi si omologa, si sottomette e accetta le verità preconfezionate e funzionali a chi detiene il potere economico (prima che politico) senza opposizioni collettive e sociali ed anzi adeguandosi e omologandosi al sistema, rinunciando alla propria libertà e personalità.
Nel contesto contemporaneo, la teoria del riflesso risulta ancora più valida, specialmente nel capitalismo attuale, dominato dalla sorveglianza digitale. Grandi aziende come Google e i giganti del cosiddetto mondo Meta sfruttano i dati personali e l’esperienza degli utenti per generare profitto. Questo approccio si basa sull’utilizzo massiccio dell’intelligenza artificiale, consentendo alle multinazionali di raccogliere e sfruttare enormi quantità di dati personali per influenzare le scelte, manipolare i comportamenti e prevedere le azioni future degli individui, tutto a fini economici. In questo modo, si crea una dinamica in cui gli utenti diventano soggetti osservati, fornendo un plusvalore informativo ogni volta che interagiscono su Internet.
È responsabilità degli economisti politici di oggi sviscerare le condizioni dell’ampia diffusione della conoscenza e della sua mercificazione, indagare le basi metodologiche e concettuali per le quali transita la creazione del valore nell’epoca dell’economia della conoscenza. Risulta che nel momento di negoziare conoscenze, la produzione che si vende come merce è la conoscenza che appare qui come prodotto finale (per esempio i brevetti). Sorge così una contraddizione tra la trasformazione della conoscenza in valore ed il valore della conoscenza come merce.
Secondo Ludovico Geymonat[33] , importante filosofo marxista del XX secolo, la razionalità non può essere valutata attraverso metodi prestabiliti e indipendenti dalla realtà storica: l’oggettività della scienza non è determinata dall’autorità di un individuo o da istituzioni mediali, bensì dalla storia stessa. Basti pensare alla nascita del pensiero scientifico moderno che si sviluppa in opposizione al pensiero teologico predominante, diventando così lo strumento ideologico della borghesia.
La prospettiva di Geymonat, che rifiuta l’idealismo e preferisce la dialettica oggettivista, ribadisce l’importanza del materialismo dialettico nel ricostruire il marxismo ortodosso. Questo approccio si basa sulla comprensione della natura in continua evoluzione della realtà e sottolinea il ruolo delle contraddizioni interne come motore del cambiamento storico.
L’industria moderna, e quindi quella sviluppata attraverso il Modo di Produzione Capitalistico, ha portato a grandi cambiamenti e non bisogna cadere nell’errore di interpretare la scienza con il solo carattere soggettivo; il carattere oggettivo della scienza è da ritrovarsi sui fatti della realtà. Poco importa se nasce un conflitto tra la scienza e il modo in cui essa viene indirizzata tra industrie e forze produttive, piuttosto questo rapporto va inserito all’interno di una dinamica da dialettica che può portare anche a nuove soluzioni e ad una maggiore conoscenza.
Riprendendo una citazione di Karl Marx «ogni scienza sarebbe superflua se l’essenza delle cose e la loro forma fenomenica direttamente coincidessero» si può certo considerare che allora, stante un tale livello di compromissione tra sviluppo scientifico e tecnologico e fini militari e di profitto, il problema della responsabilità degli esecutori consapevoli di una tale degenerazione si propone palesemente: «se inoltre una porzione crescente degli scienziati – afferma infatti Baracca – si è dedicata a studiare e realizzare armi sempre più micidiali, questa è una scelta di questi scienziati, non vedo come si possa pensare che non ne portino la responsabilità»[34] .
Sebbene per oltre duecento anni la dinamica del capitale si sia dispiegata su scala globale, la teoria economica insegnata nelle Università non tiene sufficientemente conto delle relazioni economiche internazionali. I principali modelli proposti agli studenti sono elaborati su modelli di economie chiuse, in cui la dimensione internazionale viene interpretata come l’apertura del modello: le relazioni internazionali vengono viste come se si trattasse di un’interferenza nel corretto funzionamento dell’economia, che è quindi concepita come un universo chiuso di relazioni sociali e di corrispondenti leggi economiche.
Per tale ragione, oggi parlare di scienza è estremamente importante, in un momento in cui alla crisi sistemica che sta attraversando il Modo di Produzione Capitalistico (MPC), crisi di estrema importanza a livello globale, crisi di accumulazione, di competizione e di conflitto interimperialistico finalizzato al dominio sulle risorse naturali, si aggiungono anche gli effetti devastanti di carattere economico e sociale che la crisi pandemica e il panorama sempre più incline alla guerra hanno provocato.
Marx affermava, già all’epoca, che la coscienza umana non sia un’entità separata o autonoma, ma collegata al mondo materiale circostante. La coscienza è il riflesso della realtà oggettiva delle menti umane. Questo concetto è fondamentale per il materialismo storico, perché per noi le condizioni materiali e sociali, quindi anche la produzione economica, determinano la forma e il contenuto delle idee e delle concezioni mentali, come diceva Marx «Non è la coscienza che fa le condizioni sociali sono le condizioni sociali, le condizioni di sopravvivenza, che determinano la coscienza». Il termine riflesso significa che la coscienza non crea realtà, ma piuttosto la riflette, la interpreta, la rappresenta nella sfera delle idee.
Esattamente, la teoria marxista sottolinea il legame indissolubile tra la base materiale di una società e la sua sovrastruttura ideologica. Le idee e le concezioni mentali sono fortemente influenzate e plasmate dalle condizioni materiali in cui si sviluppano. Affrontare il problema della scienza implica un’esplorazione approfondita della sua natura duplice: da un lato, la produzione della forma della scienza, cioè la sua specificità, e, dall’altro lato, la produzione della scienza in sé. La critica marxista della scienza si confronta con la teoria scientifica, cercando di evitare trappole di circoli viziosi attraverso l’applicazione della dialettica, come proposto anche da Engels, per affrontare le relazioni anti-scientifiche[35] .
L’importanza della scienza è un fattore che non può essere messo in discussione: non ci si può appropriare del dibattito e delle scoperte scientifiche quando costruiremo e attualizzeremo nel sol dell’avvenire una radicale trasformazione in termini eco-socio-politici. Le scoperte scientifiche oggi si susseguono in continuazione a ritmi incessanti, le applicazioni tecniche ottengono successi sempre più clamorosi, e di conseguenza incidono notevolmente nella vita dei popoli e nelle capacità di sviluppo.
Dunque, l’interesse per il progresso scientifico si fa sempre più grande per i marxisti, per i rivoluzionari, per gli antagonisti, per il movimento dei lavoratori e per l’intera collettività. Ci si pone la domanda su che uso e considerazioni fare della scienza, se definirla come scienza del capitale, oppure come grande processo e stato di avanzamento a cui l’umanità è giunta grazie alla cultura scientifica.
Marx, nell’Introduzione[36] del 1857, distingue il procedimento della scienza dall’approccio pre-scientifico, affermando che «il cammino del pensiero astratto che sale dal semplice al complesso, corrisponderebbe al processo storico reale». In questo passo, emerge una differenza fondamentale tra il metodo marxiano e quello hegeliano: mentre per Hegel il processo storico è determinato dallo sviluppo delle categorie del pensiero, per Marx è il concreto storico a determinare la logica delle categorie economiche e sociali, un’impostazione che implica che la successione logica nella scienza non possa essere semplicemente sovrapposta alla cronologia degli eventi storici.
Engels, nella sua recensione, sottolinea inoltre che il modo logico non è altro che il modo storico, unicamente spogliato della forma storica e degli elementi occasionali perturbatori. In altri termini, il metodo logico è una rielaborazione astratta del processo storico reale, in cui ogni momento può essere considerato nel punto in cui ha raggiunto la sua piena maturità, consentendo di cogliere le leggi generali dello sviluppo sociale, senza confondere la ricostruzione teorica con la cronologia effettiva degli eventi[37] .
Come ci ricordano vari scienziati marxisti (tra cui ad esempio Cermignani[38] ), affrontare nella sua interezza e dominare articolatamente il problema della scienza è condizione necessaria non solo per il generale progresso della teoria marxista, ma anche per migliorare la nostra azione politica. Questo è particolarmente vero e urgente per il marxismo italiano, nella cui produzione teorica, anche la più recente, il problema continua a venire percepito in forme esterne e negative: si insiste sulla sua importanza, si constatano le carenze di analisi e di visione sistematica, si sottolinea la complessità del problema e soprattutto la difficoltà di dargli una fisionomia teorica definita. La questione è porre all’ordine del giorno il fenomeno della socializzazione, poiché il problema non riguarda mettere in discussione il progresso scientifico ma far sì che esso non sia finalizzato all’accumulo di profitto, ma al soddisfacimento dei bisogni, e che quindi abbia una valenza fortemente sociale.
Circa l’efficacia pratica del marxismo, Prestipino sottolinea come la scienza marxista agisca sulla coscienza della forza-lavoro, trasformando il proletariato da classe in sé a classe per sé. Attraverso la consapevolezza del proprio ruolo nella produzione, l’operaio non solo comprende la sua posizione all’interno del sistema capitalistico, ma diventa soggettivamente ribelle ad esso. Questo processo conduce alla lotta politica, che rappresenta il livello superiore dell’azione rivoluzionaria: «la lotta politica sarà, come abbiamo detto, la dimensione teorica ulteriore dotata della capacità di agire sui rapporti sociali»[39] .
Risulta necessario comprendere cosa ci sia di caratteristico nell’impostazione scientifica per l’elaborazione di teorie, di tesi o di ipotesi, volti a trovare metodi per analizzare la realtà. Dunque, è essenziale cogliere e comprendere fino in fondo le caratteristiche fondamentali e la struttura costitutiva del pensiero scientifico qui ed ora, non quando avremo costruito il socialismo reale, ma nel fare il socialismo quotidianamente come appropriazione di conoscenza.
La politica economica della Scuola di economia critica ed eterodossa, definita anche come Scuola Marxista Decoloniale per la Tricontinental del Pluripolarismo si pone in netto contrasto con l’approccio neoliberista prevalente nelle università e nei governi occidentali, poiché quest’ultime, come l’Unione Europea, gli Stati Uniti e l’Italia, adottano politiche che, nel migliore dei casi, sono ispirate al neoclassicismo e, nel peggiore, al neoliberismo[40] .
L’approccio mainstream occidentale e dominante si limita a descrivere i fenomeni superficiali della realtà economica, piuttosto che a indagare le dinamiche profonde che li generano. Attraverso strumenti matematici, esso analizza ciò che appare, ma trascura ciò che si cela dietro le strutture visibili. Di contro, la critica marxista invita a guardare oltre le apparenze, per comprendere le leggi sottostanti che regolano i rapporti di produzione e i conflitti di classe: sono i rapporti di forza ad essere centrali, come anche l’unione fra la dinamica del materialismo storico e del materialismo dialettico. Pertanto, la politica economica portata avanti dalla Scuola offre un’alternativa diversa dall’approccio mainstream neoclassico, che possiamo vedere come prevalente nell’insegnamento di tutte le università e di tutti gli Stati.
Per fare un esempio concreto dei diversi approcci, si prenda in considerazione la funzione di bilancio (si ricorda che questa funzione non è mai stata concepita alla nascita delle Costituzioni, ad esempio, la legge del pareggio di bilancio è entrata all’interno della Costituzione italiana nel 2012 ma si può affermare che il medesimo percorso è stato seguito da altri Stati europei, un risultato figlio dell’approccio neoliberista adottato dalle società a seguito la crisi degli anni ‘70). Ebbene, secondo questa legge in riferimento, ad esempio, al funzionamento dello Stato, tutto dipende dalle risorse disponibili, che verranno poi investite nei settori della sanità, dei servizi, dell’istruzione ecc.
L’approccio alternativo dell’economia critica e della critica dell’economia segue la direzione inversa: sono i bisogni che dettano la ripartizione delle risorse: quanti ospedali servono? E successivamente si troveranno le risorse necessarie. È la politica che deve dettare i modi e i tempi dell’economia e non, come avviene nell’attuale approccio economico mainstream, l’economia che detta le leggi della politica. Nel testo si affronteranno tematiche, quindi, in maniera connessa, come linee di ricerca e di studio, e di didattica e formazione che devono relazionarsi, in un divenire in processo, come critica e scienza marxista in itinere per la trasformazione radicale.
In questo senso, l’interpretazione del pensiero scientifico deve avvenire non solo gradualmente attraverso la lettura storica dei progressi della scienza e della ricerca, nascondendo le difficoltà della socializzazione della ricerca e delle scoperte scientifiche, bensì ponendo al centro della questione fra i lavoratori, gli studenti, i precari, le classi subalterne, l’interesse che spinge a studiare e integrare questo problema per l’ampiezza che esso determina all’interno della società.
Negli ultimi anni tra i ricercatori di impostazione marxista in particolare, si è andato diffondendo un atteggiamento di insoddisfazione, nei confronti dei contenuti della propria attività, in quanto si presenta la necessità di giungere ad un reale ed effettivo significato conoscitivo della scienza, e dunque esplicitare quel rapporto che persiste fra quest’ultima e i sempre più complessi problemi della società contemporanea. Molte volte si è posto il problema della manifestazione di quest’esigenza valutando il fenomeno con le caratteristiche moderne come la telematica, l’impresa digitale, trascurando l’importanza reale dei problemi sociali e l’appropriazione in chiave marxista dei problemi teorici che si sollevano.
È indubbio che gli ultimi decenni siano stati caratterizzati da un incremento esponenziale dell’incidenza della scienza sulla vita e le sorti dell’intera umanità. Subito dopo la Terza e la Quarta Rivoluzione Industriale, l’intera umanità ha subito una trasformazione incisiva– che ha vissuto in termini negativi, poiché le multinazionali hanno sfruttato a fini di profitto, non di risoluzione dei bisogni— qualunque sia stata la forma in cui si determinano i rapporti sociali fra gli uomini.
Si può quindi affermare che non sia più possibile analizzare il valore culturale del risultato scientifico senza sottolineare che il fine di un progetto o di una ricerca scientifica è connesso con i problemi della società nella quale la scienza si attua, senza cioè tener conto di quella che viene indicata come la rilevanza sociale della scienza.
Quando Marx analizza le tecnologie e le forme organizzative, le considera come espressioni materiali di rapporti sociali, idee, processi lavorativi e modelli di vita quotidiana. Questi elementi non esistono in isolamento, ma sono interconnessi e influenzano reciprocamente la società. La tecnologia non è solo uno strumento neutro, ma un elemento che riflette e modella le dinamiche sociali. Allo stesso tempo, gli altri aspetti della società, come i rapporti sociali e le rappresentazioni mentali, influenzano a loro volta la forma e l’uso delle tecnologie.
L’approccio marxista sottolinea l’importanza di studiare le interconnessioni e le relazioni reciproche tra diversi aspetti della società per ottenere una comprensione completa. Un’analisi dettagliata della vita quotidiana nel sistema capitalistico può, quindi, rivelare molto sui rapporti con la natura, la tecnologia, le rappresentazioni mentali e i rapporti sociali. In questo modo, si cerca di cogliere la totalità delle relazioni sociali e comprendere come i diversi elementi si influenzino a vicenda all’interno di un sistema complesso[41] .
Il filosofo Ludovico Geymonat, invece, nel luglio del 1960 in un suo scritto sul pensiero scientifico ci presenta la sua visione, mettendo in evidenza un punto estremamente fondamentale sul ruolo della metodologia. Egli esplicita come ci possa essere una relazione tra astrattezza e meccanicità del pensiero scientifico. Il fatto storicamente incontestabile dell’esistenza della scienza in sé e delle trasformazioni prodotte nel mondo, porta Geymonat a porre in enfasi un’effettiva razionalità del genere umano.
Egli dimostra a priori che questa condizione si può cercare non nelle definizioni metafisiche dell’essere umano, ma nell’unità caratteristica della razionalità umana, data dai cambiamenti che produce la crescita e il divenire del pensiero umano nel conflitto capitale lavoro. Lo sforzo che è richiesto presuppone di comprendere e tutelare sempre la scienza, eliminando dai propri metodi ogni residuo dogmatico, dimostrando un successo che parte dalla capacità della ragione umana.
Nella seconda edizione de Il Capitale, pubblicata a cura di Karl Marx, riscrive il concetto di feticismo rendendolo centrale all’interno della categoria della merce. Il concetto di feticismo o, meglio, di feticcio, si era già sviluppato in principio attraverso il testo Du culte des dieux fétiches[42] di Charles de Brosses, che indicava come feticcio lo stadio più elementare, primordiale, di ogni forma religiosa. Successivamente, la parola ha avuta una grande risonanza ed un esteso uso tra il Settecento e l’Ottocento.
Nel testo di Marx, viene utilizzato, per la prima volta, per descrivere un fenomeno interno alla società europea, in cui la sostituzione del lavoro morto alle relazioni tra gli uomini acquista il carattere dell’inversione ideologica, in cui una parte (il valore di scambio), pretende di rappresentare il tutto. Il feticismo è per Marx l’ideologia degli attori economici, qualcosa di simile al senso comune che viene trasformato da.
Al centro di questa deformazione è la sostituzione delle relazioni tra gli uomini, con il rapporto tra le cose: viene oscurato il reale processo di creazione del valore, l’apparenza ci evidenzia che sono le cose a generare valore, e nasconde la realtà, ossia, lo sfruttamento della forza-lavoro, la reale creazione di plusvalore all’interno del MPC, determinando una falsa coscienza. L’ideologia capitalista, tuttavia, è sostenuta anche da una parte della popolazione sfruttata, che, influenzata dalla manipolazione dei social media e da altre forme di propaganda, non riesce a comprendere le dinamiche strutturali del proprio sfruttamento.
Sulla base di queste conclusioni risulta chiaro che oggi si attribuisca un peso maggiore all’aspetto formale delle teorie scientifiche, ai mutamenti che esse subiscono quando vengono generalizzate da un settore ad un altro, ai nessi esistenti tra le teorie e i loro campi di applicazione, e così via. Particolare rilievo, entro questo quadro, viene ovviamente attribuito anche ai modelli cui non si riconosce più la funzione di spiegare la vera natura dei processi indagati alla funzione di stabilire vigorosi rapporti formali tra la teorizzazione di un nuovo processo fenomenico e quella di altri già noti.
Pertanto, l’analisi delle strutture sottostanti alle forme dell’apparenza del MPC diventa un fondamentale e centrale presupposto ai fini di sostituire al feticismo etico e morale moderno con una gerarchia di valori che superano il mero obiettivo del profitto. Il recupero di un’etica basata sull’amore, sul rispetto e sulla responsabilità collettiva può fornire una base solida per costruire una società più giusta, che deve essere attuata non solo con le parole ma con i fatti che giorno dopo giorno, ci avvicinano alla reale nuova e futura umanità. La critica al feticismo deve pertanto spingersi oltre l’ambito economico, toccando le fondamenta etiche e culturali su cui si regge il sistema capitalistico, al fine di generare una trasformazione profonda della società.
NOTE
[1] ↑ VASAPOLLO L., MARTUFI R. (2024), MAAT. Capitale, crisi e guerra. Metodi di Analisi Antimperialiste per le Transizioni, L’armadillo editore, Roma.
[2] ↑ VASAPOLLO L., MARTUFI R., MADAFFERI M. (2024), SIDUN. In direzione ostinata e contraria…Capitale, crisi e guerra, L’armadillo editore, Roma.
[3] ↑ VASAPOLLO L. (2022), Visión de la Nueva Geopolítica Mundial en Defensa de la Humanidad (Crítica de las Relaciones Internacionales, Nuevo Sistema Económico-Monetario del Mundo Multipolar y Transiciones Al Socialismo), Tomo I e II, Ediciones del Instituto de Altos Estudios del Pensamiento del Comandante Supremo Hugo Chévez Frías, Caracas, Venezuela; VASAPOLLO L. (2007), Trattato di Economia Applicata. Analisi Critica della Mondializzazione Capitalista, Jaca Book, Milano; VASAPOLLO L. (2012), Trattato di critica dell’economia convenzionale. Vol. 2: La crisi sistemica. Metodi di analisi economica dei problemi dello sviluppo, Jaca book, Milano; VASAPOLLO L. (2013), Trattato di critica dell’economia convenzionale. Vol. 1: Un sistema che produce crisi. Metodi di analisi dei sistemi economici, Jaca Book, Milano; VASAPOLLO L., MARTUFI R. (2024), MAAT. Capitale, crisi e guerra. Metodi di Analisi Antimperialiste per le Transizioni, L’armadillo editore, Roma; VASAPOLLO L., MARTUFI R., MADAFFERI M. (2024), SIDUN. In direzione ostinata e contraria… Capitale, crisi e guerra. Metodi di Analisi Antimperialiste per le Transizioni, L’armadillo editore, Roma.
[4] ↑ AMIN S. (1977), Imperialism and Unequal Development, Monthly Review Press, New York.
[5] ↑ MARX K., ENGELS F. (2018), Manifesto del Partito Comunista, Editori Laterza, Bari-Roma.
[6] ↑ D’ORSI A. (2000), La guerra e il tradimento del chierici, intervento al convegno “Cultura, Scienza e Informazione di fronte alle nuove guerre”, organizzato dal comitato Scienziate e scienziati contro la guerra in collaborazione con il Politecnico e l’Università di Torino, 22 – 23 giugno 2000, Politecnico di Torino
[7] ↑ BENDA J. (2012), Il tradimento dei chierici. Il ruolo dell’intellettuale nella società contemporanea, Einaudi, Torino.
[8] ↑ SALIO N. (2000), Ricerca scientifica, ricerca per la pace e trasformazione nonviolenta dei conflitti, intervento al convegno “Cultura, Scienza e Informazione di fronte alle nuove guerre”, organizzato dal comitato Scienziate e scienziati contro la guerra in collaborazione con il Politecnico e l’Università di Torino, 22 – 23 giugno 2000, Politecnico di Torino.
[9] ↑ MARX K. (1951), Il Capitale, Edizioni Rinascita, Roma.
[10] ↑ ALTHUSSER L. (1975), Leggere il Capitale, Feltrinelli, Milano.
[11] ↑ IZZO S. (2024), Il metodo scientifico di Marx e le pratiche dei paesi rivoluzionari per un uso sociale dell’IA. Vasapollo: “sviluppo e indirizzo politico della scienza”, FarodiRoma, 23 febbraio, https://www.farodiroma.it/il-metodo-scientifico-di-marx-e-le-pratiche-dei-paesi-rivoluzionari-per-un-uso-sociale-dellia-vasapollo-sviluppo-e-indirizzo-politico-della-scienza-s-i/
[12] ↑ MARX K. (1976), Miseria della filosofia: risposta alla Filosofia della miseria del signor Proudhon, Newton Compton, Roma.
[13] ↑ VASAPOLLO L. (2013), Trattato di critica dell’economia convenzionale. Vol. 1: Un sistema che produce crisi. Metodi di analisi dei sistemi economici, Jaca Book, Milano, pag. 19.
[14] ↑ PRESTIPINO G. (1973), Natura e società, Editori Riuniti, Roma.
[15] ↑ ENGELS F. (1972), Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, a cura di P. Togliatti, Editori Riuniti, Roma.
[16] ↑ ENGELS F. (1971), Dialettica della natura, Editori Riuniti, Roma.
[17] ↑ ENGELS F. (1974), Antidühring, Editori Riuniti, Roma.
[18] ↑ MARX K., ENGELS F. (2018), L’ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma.
[19] ↑ ENGELS F. (1971), Dialettica della natura, Editori Riuniti, Roma.
[20] ↑ MARTUFI R., VASAPOLLO L., (2020), Cerco un… multicentrismo… di gravità permanente… Culture dei popoli e pratiche politico economiche per il superamento dell’ordine mondiale, Edizioni Efesto, Roma.
[21] ↑ CRAWFORD K. (2021), Né intelligente, Né artificiale. Il lato oscuro dell’IA, il Mulino, Bologna, pag. 74.
[22] ↑ RDC (2011), Capitale e natura. Per una visione di classe dei temi ambientali.
[25] ↑ DE GIRONIMO A. (2021) L’ambiente si salva con la pianificazione socialista. Vasapollo: “costruire condizioni per superare sviluppo contro uomo e natura”, FarodiRoma, 01 luglio, https://www.farodiroma.it/lambiente-si-salva-con-un-sistema-a-pianificazione-socialista-vasapollo-costruire-le-condizioni-per-superare-lo-sviluppo-contro-luomo-e-la-natura-a-de-gironimo/.
[26] ↑ Concezione spesso usata per stabilire il ruolo della natura nel sistema hegeliano della fenomenologia dello spirito. Come dimostra questo elaborato, questa definizione può considerarsi limitata e superficiale.
[27] ↑ MARX K. (1974), Il Capitale, Vol. 1, Edizioni Rinascita, Roma, citato da AMIN S. (1997), Tornando alla questione della transizione socialista, pubblicato in Alternativa Sud. Il marxismo ha un senso per il Sud?, Edizioni Il Papiro, Verona, pag. 12.
[28] ↑ ENGELS F. (1971), Dialettica della natura, Editori Riuniti, Roma.
[32] ↑ VASAPOLLO L., ARRIOLA J. (2019), Teoria e critica delle politiche economiche e monetarie dello sviluppo, Edizioni Efesto, Roma.
[33] ↑ GEYMONAT L. (1960), Il pensiero scientifico, Garzanti editore, Milano; GEYMONAT L. (1960), Trattato sul Neopositivismo e materialismo dialettico, Vol. 36, n.1, Leo S. Olschki, Firenze; GEYMONAT L. (1972), Metodologia neopositivistica e materialismo dialettico, in Critica Marxista Quaderni n.6.
[35] ↑ Per approfondimenti si veda VASAPOLLO L., MARTUFI R. (2024), MAAT. Capitale, crisi e guerra. Metodi di Analisi Antimperialiste per le Transizioni, L’armadillo editore, Roma; VASAPOLLO L., MARTUFI R., MADAFFERI M. (2024), SIDUN. In direzione ostinata e contraria… Capitale, crisi e guerra. Metodi di Analisi Antimperialiste per le Transizioni, L’armadillo editore, Roma.
[36] ↑ MARX K. (1969), Per la critica dell’economia politica, Editori Riuniti, Roma.
[37] ↑ ENGELS F. (1859), Per la Critica dell’Economia Politica (Recensione), https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1859/criticaep/recensione.htm
[38] ↑ AA.VV. (1972), Sul marxismo e le scienze, Critica Marxista, Quaderni n. 6, pagg. 90-120.
[39] ↑ PRESTIPINO G. (1973), Natura e società, Editori Riuniti, Roma, pag. 220.
[40] ↑ Per approfondimenti si veda, tra gli altri VASAPOLLO L. (2012), Trattato di critica dell’economia convenzionale. Vol. 2: La crisi sistemica. Metodi di analisi economica dei problemi dello sviluppo, Jaca book, Milano; VASAPOLLO L. (2013), Trattato di critica dell’economia convenzionale. Vol. 1: Un sistema che produce crisi. Metodi di analisi dei sistemi economici, Jaca Book, Milano; VASAPOLLO L., MARTUFI R. (2024), MAAT. Capitale, crisi e guerra. Metodi di Analisi Antimperialiste per le Transizioni, L’armadillo editore, Roma; VASAPOLLO L., MARTUFI R., MADAFFERI M. (2024), SIDUN. In direzione ostinata e contraria… Capitale, crisi e guerra. Metodi di Analisi Antimperialiste per le Transizioni, L’armadillo editore, Roma.
[41] ↑ HARVEY D. (2014), Introduzione al Capitale. 12 lezioni sul primo libro e sull’attualità di Marx, La Casa Usher Volo Publisher, Firenze.
[42] ↑ DE BROSSES C. (2022), Du culte des dieux fétiches, Legare Street Press, Parigi.