Redazione Contropiano
Il Rapporto dell’ISTAT ha confermato ciò che milioni di lavoratori vivono ogni giorno sulla propria pelle: tra il 2019 e il 2024 i salari reali sono crollati del 10,5%, a fronte di un’inflazione che ha superato il 21%. Il lavoro povero è la regola, non l’eccezione, e oltre il 23% della popolazione è a rischio povertà o esclusione sociale.
I salari lordi annuali medi nel 2023 in Italia sono stati oggetto di uno studio della Cgil tramite un’elaborazione dei dati più recenti dell’Osservatorio INPS sui lavoratori dipendenti del settore privato, esclusi il settore agricolo e domestico. Da questo studio emerge che nel 2023 il salario lordo annuale medio nel settore privato, esclusi il settore agricolo e domestico, si e attestato a 23.662 euro. Si è trattato di un aumento salariale nominale medio del +3,5% rispetto al 2022, nettamente inferiore rispetto all’inflazione registrata nel 2023
Esaminando poi la distribuzione per classi di importo della retribuzione annuale si nota come nel 2023 circa 10,9 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato (62,7%) ricadano nelle classi inferiori a 25 mila euro lordi annuali (la miglior approssimazione al salario medio di 23,7 mila euro), di cùi oltre 6,2 milioni (35,7%) addirittura sotto i 15 mila euro lordi annuali.

Anche sul piano dell’occupazione siamo tutt’altro dai record strombazzati dal governo: cresce l’occupazione solo tra gli over 50, spesso costretti a restare al lavoro per necessità, mentre i giovani e le donne restano esclusi e precarizzati. Intanto, miliardi pubblici vengono destinati al riarmo, mentre salari, welfare e industria vengono lasciati all’abbandono.
Questi dati sono solo una delle ragioni che hanno spinto l’ USB a proclamare lo sciopero generale per il prossimo 20 giugno e una grande manifestazione nazionale a Roma il 21 giugno: “per aumentare i salari, per una vera politica industriale pubblica e occupazionale, per fermare le politiche di guerra e costruire giustizia sociale” scrive il sindacato in una nota.