La nuova guerra fredda alla Cina
di John Bellamy Foster (da Monthly Review, Luglio 2021)
di John Bellamy Foster (da Monthly Review, Luglio 2021)
[Giorgio Casacchia] Contropiano anno 30 n°1 – maggio 2021 La Cina nel mondo multipolare. Quest’intervento verte sulla questione del linguaggio oggi, confrontando due territori diseguali, il globo e la Cina. La questione del linguaggio oggi consiste essenzialmente nel diluvio di anglicismi nelle lingue del mondo, cui tutti assistiamo quotidianamente. Non si tratta affatto dell’innocua ascesa dell’inglese come lingua di facilitazione degli scambi internazionali, ma piuttosto di una modalità di soggezione, spoliazione ed emarginazione affiancabile a quella tecnologica, informatica, logistica, finanziaria.
[Giorgio Cremaschi] cercherò di riportare la questione Cina all’interno di quello dove è stata collocata per un lungo periodo, cioè nel confronto nel movimento comunista internazionale con l’Unione Sovietica, con il Partito Comunista Italiano, con il movimento progressista e internazionale.
[Francesco Macheda] Contropiano anno 30 n°1 – maggio 2021] La Cina nel mondo multipolare. Buongiorno a tutti, oggi esporrò i risultati di una ricerca condotta assieme a Roberto Nadalini, in cui tentiamo di capire se i salari dei lavoratori cinesi possano continuare a convergere verso i salari dei paesi ad alto reddito, ossia se la Cina stia effettivamente fuoriuscendo dalla condizione periferica all’interno dell’economia mondiale.
[Luciano Vasapollo] La cooperazione internazionale della Cina è chiaramente correlata alla sua politica estera e risponde al progetto dei suoi leader di imporre il proprio paese come potenza mondiale. Basti pensare al fatto che, a fine 2020 Pechino ha rilanciato i propri impegni per 2021 per la costruzione di un socialismo moderno. colare, la Cina si impegnerà nella salvaguardia della sovranità, sicurezza e intessi dello sviluppo, esigenze ovviamente legate al controllo dell’epidemia di COVID-19, nonché alla promozione di legami amichevoli e pacifici con altre nazioni.
[Chiara Pollio] Un intervento introduttivo che abbia l’ambizioso compito di parlare di industria cinese e di politiche industriali cinesi deve ovviamente operare delle semplificazioni. Per dare un inquadramento dotato di senso al ruolo delle politiche industriali, un primo passo è quello di introdurre alcuni elementi generali. Il primo è che le politiche industriali nel corso della storia dello sviluppo cinese sono state, e sono tuttora, uno strumento molto rilevante per orientare i cambiamenti strutturali dell’economia e della società cinese.
[Paolo Rizzi] In Cina esiste una differenziazione istituzionale tra aree catalogate come “urbane” e “rurali”. Con l’avvio della collettivizzazione degli anni ’50 il lavoro urbano e quello rurale sono stati organizzati in maniera diversa, nelle città tramite le unità di lavoro e nelle campagne tramite le comuni.
[Francesco Piccioni] Un pianeta poco conosciuto, molto favoleggiato. Siamo stati tutti maoisti, almeno per giorno, ma non è che sapessimo molto di più di quanto scritto da Mao nei suoi libri (o anche solo nel “libretto rosso”). Il movimento comunista in Occidente d’allora, e soprattutto il movimento del ‘68, si accontentava di trovare un’alternativa appassionante, stante l’insofferenza per il “socialismo reale” brezneviano. Ovvero, le “guardie rosse”, “bombardare il quartier generale”, “potere alle masse” e non alla burocrazia.
[Roberto Sassi] Nel periodo che va dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949 al 1976, anno in cui muoiono Zhou Enlai e Mao Zedong e la Cina cambia profondamente, l’aspettativa di vita è passata da 40 a 65 anni; la popolazione cinese è cresciuta da circa 550 milioni a circa 900 milioni di abitanti; il tasso di alfabetizzazione è passato dal 20% ad oltre il 65%; l’emancipazione della donna ha raggiunto grandi traguardi.
[Giacomo Marchetti ] Come RdC pur avendo giudizi molto netti sulle scelte fatte dai cinesi dal dopo Mao sull’uso del modo di produzione capitalista per il proprio sviluppo siamo stati sempre molto cauti nel farli diventare posizionamenti politici limitandoci a fornire analisi economiche oggettive.