in Contropiano numero 0 – 2 Aprile 1993
Dentro la disgregazione della Jugoslavia, emergono i varchi e gli interessi anche dell’imperialismo italiano. Evitando ogni rottura con gli alleati, “l’Italietta” sta conquistando mercati per il capitale finanziario e l’industria. Era già accaduto negli anni 30. Nella spartizione della Jugoslavia l’Italia vuole la sua area di influenza, anche con la guerra.
L’Italia si trova in prima linea. Il Kossovo rientra infatti nell’area di influenza italiana attraverso la presenza in Albania e il rinascente nazionalismo pan albanese che punta all’annessione del Kossovo e delle provincie della Macedonia abitate dagli albanesi.
Le aspirazioni pan albanesi vengono spudoratamente appoggiate dal governo italiano. In modo particolare lo stesso Presidente della Repubblica Scalfaro, in un gravissimo discorso tenuto durante la visita in Albania attaccherà duramente la Serbia e chiederà piena e vera autonomia per il Kossovo. Scalfaro annuncia che l’Italia appoggerà la richiesta di un intervento dell’ONU o della NATO (ritenute ormai la stessa cosa) nel Kossovo per una azione preventiva, “L’Italia è solidale con l’amica Albania” dice Scalfaro “e si sta muovendo per una azione forte, seria e di prevenzione”. E’ in pratica una dichiarazione di disponibilità all’intervento armato in Kossovo a fianco dell’Albania e in piena sintonia con la posizione degli Stati Uniti che puntano a fare della questione del Kossovo il pretesto per una nuova operazione militare, questa volta nei Balcani e contro la Serbia.
Occorre tra l’altro ricordare che l’Italia è già impegnata militarmente nell’Adriatico e sulle sue sponde orientali.
La fregata missilistica “Aliseo” fa parte della flotta NATO adibita al blocco navale mentre la fregata “Sagittario” e la corvetta “Fenice” fanno parte della flotta UEO con gli stessi compiti. Inoltre c’è il “22° Gruppo Navale” già stanziato da mesi nei porti albanesi di Durazzo e Valona.
Nella crisi jugoslava, la politica estera italiana torna dunque ad oscillare tra la subaltenità alla Germania seguita fino alla prima metà del 1992; il tradizionale servilismo verso gli Stati Uniti che prima attraverso la Bosnia e poi con il Kossovo cercano di inserirsi nella crisi jugoslava, e la ricerca di un ritaglio “autonomo” per costruire una propria area di influenza nei Balcani.
La visita del Ministro degli Esteri Colombo a Belgrado non è stato un errore o una svista diplomatica (come hanno gridato le solite anime belle, incluso il PDS) ma una iniziativa autonoma dell’Italia seppur concordata con Vance e Owen tesa a dimostrare che essa può essere un interlocutore delle varie repubbliche della ex Jugoslavia anche al di là dei vincoli CEE o atlantici. Non è casuale che il “Sole 24 ore” legga questa iniziativa più positivamente di altri organi di informazione.
Così come non è casuale che Bruno Bottai, altissimo dirigente della Farnesina, valuti positivamente che “Serbia e Montenegro abbiano mantenuto tra loro una unione, creando una nuova, più piccola Jugoslavia. Nonostante la viva tensione attuale con Belgrado per le sue gravi responsabilità in Bosnia, la nascita di una nuova Jugoslavia, non ci dispiace”.
Indicativo di questa politica è anche il rinnovato “dinamismo” italiano verso la Slovenia. Al di là delle cortine fumogene sul rinnovo del “Trattato di Osimo”, su cui il Ministro Colombo in novembre ha ribadito l’intangibilità dei confini emersi dalla seconda guerra mondiale e dagli assetti successivi, l’Italia sta cercando di inserirsi con forza nell’economia slovena sfruttando i varchi lasciati aperti dalle difficoltà dell’escalation dell’egemonia tedesca nell’Europa centro orientale.
Infatti, la più “tedesca” delle repubbliche ex jugoslave soffre della delusione cocente dichi sperava che, attraverso la secessione, la strada dell’integrazione in Europa e l’arrivo degli investimenti esteri fosse garantita automaticamente. La realtà si è rivelata molto più amara e la frustrazione più dolorosa di quanto previsto dai dirigenti sloveni.
I nuovi “investimenti esteri scarseggiano in Slovenia, mentre la crisi economico/sociale si acutizza. Nel 1992 sono state realizzate solo due acquisizioni; due joint ventures e due attività ex novo per un totale di 119 milioni di dollari, in pratica una miseria. L’Italia sta cercando di sfruttare la “disillusione slovena” per rafforzare la propria presenza economica anche in aperta concorrenza con Germania e Austria.
Tra l’altro secondo un rapporto della “East European Investment Magazine” l’Italia sarebbe il paese che ha realizzato maggiori investimenti (per quantità di finanziamenti) nell’Europa dell’Est dopo gli Stati Uniti, battendo cioè Germania, Austria, Gran Bretagna e Francia.
Per recuperare “l’occasione perduta” rimproveratagli dagli industriali e dai finanzieri, l’Italia sta correndo rapidamente ai ripari.
Il Credito Italiano sta per concludere una Joint Venture con la Liublianska Banka; il S.Paolo di Torino (la prima banca privata italiana e la più attiva nell’Europa dell’Est) sta dando vita insieme alla Kreditna Banka ad una cordata destinata a creare una super joint venture bancaria in Slovenia e Croazia; la Cassa di Risparmio di Venezia è in trattativa con la VIPA Bank; la Cassa di Risparmio di Trieste sta per aprire filiali in Slovenia.
Nell’ambito del progetto “Phare” (investimenti CEE all’Est), la CEE ha assegnato al consorzio triestino BIC la realizzazione del programma di sviluppo della piccola e media impresa in Slovenia.
Non occorre poi trascurare il grosso investimento dell’Alcatel/Italia in Croazia, quello dell’Iveco (FIAT) a Zastava e la linea di produzione dell’Innocenti per la Koral, sempre nella ex Jugoslavia.
La politica di privatizzazione adottata da Slovenia, Croazia (ma anche dalla Serbia) e i bassi salari, consentono condizioni vantaggiose per~gli investimenti stranieri.
L’Italia non intende rimanere fuori dalla spartizione della torta jugoslava e preme sull’acceleratore per battere i concorrenti. La posta in gioco è alta e le tensioni evidenti. II Vice Presidente della Slovenia, Ciril Zlobec, lamentandosi dei ritardi dell’Italia negli investimenti esteri, ha esplicitamente dichiarato che “in Slovenia alcune forze politiche tendono verso un avvicinamento all’Austria e alla Germania. E la nostra attuale crisi economica potrebbe favorire queste tendenze. Rischiamo di essere comprati dal capitale tedesco. Intanto l’Austria ha aperto quattro banche… Un piccolo paese come la Slovenia, che gravita tra l’Italia e l’Austria e che sente da vicino il fiato della Germania, dovrebbe tendere ad una politica estera basata su assoluti equilibri”.
CREDITS
Immagine in evidenza: Andò con Scalfaro
Autore: Albertocardillo; 30 December 2014
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