Capitale e natura – Prima parte – Capitolo 1
Superata “l’epoca” dell’ambientalismo ecologista degli anni ‘80 e ‘90, nata soprattutto dall’onda emotiva del disastro di Chernobyl, in questi ultimi tempi i temi ambientali si stanno riproponendo in modo senza dubbio più interessante rispetto al passato. Si sta sempre più facendo spazio una visione di questi che non le rilega in modo riduttivo al rapporto uomo-natura, ma ne comprende più approfonditamente le sue dinamiche nel contesto socio-economico, sia a livello nazionale ma soprattutto internazionale, come frutto della cosiddetta globalizzazione neoliberista, espressione dell’attuale fase di mondializzazione capitalista.
Tali visioni sono però spesso contraste e fuorviate dai poteri politici ed economici, i quali governano la stessa dinamica internazionale di dominio del capitale.
Il capitalismo stesso ha da tempo compreso che non può ignorare una opinione pubblica sempre più sensibile e una pressione che arriva dai sud del mondo. A tal proposito, infatti, tenta un recupero su questo terreno, facendo propri temi come ad esempio lo sviluppo sostenibile e la produzione “verde” (Green Economy), per tentare di mascherare il suo invariato fine storico: l’accumulazione del capitale attraverso il plusvalore. Per sostenerlo, in questi ultimi anni, non si è risparmiato nell’organizzare incontri internazionali di grande rilevanza come ad esempio la Conferenza di Rio de Janeiro, dotarsi di trattati come il Protocollo di Kyoto o Agenda 21, istituire organismi internazionali come ad esempio la Conferenza delle Parti sui Cambiamenti del Clima.
Come non si è risparmiato di assoggettare sempre di più a se stesso la scienza, la tecnologia, la cultura. Anche da questo punto di vista va quindi interpretata la privatizzazione della ricerca, l’affossamento della scuola e dell’università pubblica.
Un tentativo per cercare di mantenere la sua supremazia ideologia ed egemonica all’interno della sempre più evidente crisi sistemica, che si sta acutizzando, e si rende maggiormente evidente, proprio nel rapporto con la natura.
Di fronte a tutto questo si stanno sviluppando teorie e pratiche, provenienti soprattutto da settori e intellettuali legati anche ad alcuni movimenti sociali e scuole di pensiero “alternative”, che, spesso nel migliore dei casi in buona fede, propongono soluzioni fuorvianti come teorie della decrescita, indicatori alternativi dello sviluppo, “nuovi” commerci, educazioni allo sviluppo sostenibile che ripropongono il contrasto uomo-natura ignorando quello capitale-natura, proposizione delle alternative energetiche, ecc.
Non possiamo però ignorare, e in questo fare autocritica, e da questa ripartire, che la storia del movimento operaio e dei partiti comunisti, anche in Italia, ha vissuto, con intensità diversa in funzione delle sue fasi, una prevalente disattenzione, in qualche caso avversità, alle questioni ambientali o una incapacità ad affrontarle. Spesso infatti quest’ultime sono state “sacrificate” sull’altare di una visione sviluppista, e in qualche caso ritenute limitanti al raggiungimento delle aspirazioni del lavoro.
Nel caso dell’Unione Sovietica e dei paesi del cosiddetto socialismo reale del XX secolo, in alcuni momenti si è andato anche oltre. Eventi storici come la seconda guerra mondiale, l’accelerazione del capitalismo all’industrializzazione prima e al post-fordismo poi, l’inizio del neoliberismo e dell’attuale fase della mondializzazione del capitale, hanno infatti indotto i paesi del socialismo reale a non ritenere prioritaria la salvaguardia della natura, in nome di una concorrenza-competizione con il capitalismo che in alcuni casi ha prodotto paradossalmente la riproposizione di modelli del capitalismo stesso nei confronti dell’ambiente.
Gli stessi Marx ed Engels hanno affrontato le questioni ambientali all’interno di alcuni loro scritti (“Manoscritti economico-filosofici del 1844”, “Dialettica della Natura”, “Critica del Programma di Gotha”, molto nello stesso “Il Capitale”). Seppur una lettura superficiale di questi trova una visione del rapporto tra l’uomo e la natura non del tutto accettabile dai marxisti stessi, questi vanno però da un lato contestualizzati, e dall’altro compresi più a fondo. E’ certo comunque, aldilà dello specifico, che il pensiero complessivo di Marx ed Engels può e deve necessariamente essere applicato ad una visione di classe anche nelle questioni ambientali: il materialismo storico, il materialismo dialettico, la teoria del valore, il valore d’uso e il valore di scambio, il coefficiente di rotazione del capitale, il saggio di profitto, ecc. Come non si può prescindere, ma anzi è assolutamente necessario tenerne conto, dalle teorie di Lenin soprattutto relative al colonialismo e all’imperialismo.
E’ per questo che in questa prima parte vogliamo affrontare una iniziale analisi delle questioni ambientali partendo dalle teorie marxiane, per passare ad una breve storia del movimento operaio del ‘900 su questi temi, per comprendere poi meglio la contraddizione capitale-natura nel conflitto capitale-lavoro e nell’attuale crisi del capitalismo, come quest’ultimo tenta di camuffare le reali contraddizioni e qualcuno, magari anche in buona fede, propone scorciatoie teoriche e pratiche.