in Contropiano Anno 1 n° 4 – 11 novembre 1993
Il test elettorale di Roma appare estremamente interessante come verifica del peso raggiunto dalle tendenze reazionarie o centriste in vecchie (Fini, Caruso) e nuove (Rutelli) aggregazioni. La “conquista della capitale” è un obiettivo strategico per il quale torna a galla di tutto, inclusa la pesante influenza della Chiesa cattolica nei suoi molteplici aspetti. Per rompere questo micidiale e mistificante bipolarismo, a cui si presta scientemente il PDS, è nata la candidatura di Nicolini e la lista “Liberare Roma” intorno ai quali si è attivizzata un’ampia area della sinistra alternativa.
Le elezioni del sindaco e del consiglio comunale di Roma sono una scadenza politica attorno a cui si confrontano progetti politici assai diversi. Da mesi era stata quasi imposta dal PDS la candidatura di Rutelli come l’unica possibile per piegare tutta la sinistra romana a una scelta di segno riformista e moderato che lascerebbe intatti i poteri forti dominanti nella città.
L’autocandidatura di Renato Nicolini, ex assessore delle giunte di sinistra e attualmente deputato del PDS, ha rotto questo ricatto e aperto una nuova prospettiva per le realtà di lotta e di opposizione e per la sinistra alternativa. L’operazione Rutelli messa in piedi da Alleanza Democratica, PDS, Pannella, socialisti, è stata così smascherata. Intorno alla lista “Liberare Roma” che sostiene Nicolini (che è appoggiato anche da Rifondazione Comunista) si è coalizzata un’area ampia di organismi e personalità rappresentativi della sinistra romana: comitati popolari, organizzazioni sindacali di base, intellettuali.
La candidatura di Nicolini ha quindi avuto una validità oggettiva che va colta fino in fondo.
Il PDS ha candidato Rutelli. Tu, deputato e militante del PDS, non hai accettato questa scelta e ti sei autocandidato. Puoi spiegarci questa scelta?
Esiste una ragione “romana” e una nazionale. A Roma credo di rappresentare un’identità in quanto sono stato assessore nelle giunte di sinistra. Non vorrei che il PDS romano si ritenga ormai “distaccato” da quella stagione, perché in quella stagione finalmente Roma aveva visto gli impegni sociali al primo posto nei programmi del Campidoglio e questo aveva dato grandi risultati. Se oggi c’è acqua, luce e fognature nelle borgate abusive è merito delle giunte rosse, il che ha impedito che Roma fosse divisa in una città “legale” e una immensa “periferia illegale”. Anche l’esperienza della “Estate Romana” è stata un modo di dimostrare che il centro storico apparteneva a tutti. Per la mia candidatura poi una ragione “generale”: credo che oggi la sinistra debba rimettersi in gioco. Per esempio, come si forma un nuovo gruppo dirigente della sinistra: con la solita cooptazione e la promozione burocratica o attraverso la lotta politica? La sinistra deve avere una sua identità, anche per fare fronte al nuovo sistema elettorale. Non può essere fatta in un modo a Roma, in un altro a Palermo, in un altro ancora a Torino. Ciò significa porre in primo piano il problema della ricomposizione dell’unità della sinistra e in questo il rapporto tra PDS, Rifondazione e la Rete è fondamentale. In questa situazione mi sembrerebbe strano che fosse proprio il PDS a ricreare un “fattore K” distinguendosi dall’altra parte del movimento che è emersa dall’autoscioglimento del PCI.
Quali effetti ha provocato questa tua scelta?
All’inizio c’è stata una reazione negativa del gruppo dirigente della federazione romana del PDS e non senza ragione. Lo dico molto amichevolmente, ma questo gruppo dirigente ha lavorato per un anno a creare il personaggio Rutelli, non mi si venga a dire che la battaglia in Consiglio Comunale contro la giunta Carraro l’ha fatta Rutelli, basta guardare il registro delle presenze. Io sono stato molto presente in Consiglio mentre la presenza di Rutelli è stata intermittente. Sono stato capogruppo del PDS per tre anni, la battaglia dura contro Carraro l’ha condotta il sottoscritto ricevendo gli attacchi dell’assessore Gerace.
All’inizio dunque il gruppo dirigente del PDS romano ha avuto una reazione molto “piccata” accusandomi di essere minoritario, scissionista ecc. Con la mia campagna elettorale credo di aver dimostrato che non intendo farne una questione di beghe personali né che intendo aprire una polemica retrospettiva. Il risultato è che sta crescendo l’ipotesi di Nicolini Sindaco nell’ambito del PDS romano con la nascita di comitati per Nicolini – vedi Tor Sapienza. L’iscritto al PDS sa che la nuova legge gli consente di votare in maniera diversificata per la lista e per il sindaco e quindi non è affatto obbligato a votare per Rutelli. Tra l’altro in questi ultimi tempi Rutelli si è molto preoccupato di conquistare i voti al “centro” che, lui dice, gli servono per essere eletto. Penso che la linea debba essere diversa e non quella di contrattare i voti moderati, ma quella di presentare un programma talmente convincente che anche i moderati siano costretti a riconoscere che sia l’unico programma attuabile per Roma.
Quale spazio trovano nella tua lista le realtà di base, i movimenti di lotta, quella che possiamo definire la sinistra alternativa?
Tutto quello che siamo riusciti a trovare ed organizzare. Con i Cobas della scuola abbiamo fatto delle riunioni ma non siamo arrivati a una loro candidatura. Con la CUB o i comitati popolari dei quartieri è andata meglio, vedi la candidatura di Angelo Fascetti. Mi sembra importante rilevare che nella lista “Liberare Roma” siano presenti esponenti di “Essere Sindacato” e esponenti delle strutture sindacali di base. In generale, la lista “Liberare Roma” mi piace molto perché recupera le esperienze che erano state costrette in posizioni minoritarie ma che non hanno affatto una vocazione minoritaria. Non penso ad esempio che le radio libere o i centri sociali abbiano una vocazione minoritaria ma reagiscono a chi li vuole cancellare.
La Roma degli anni ’90. Dopo anni in mano ai “comitati d’affari”, se vinci le elezioni, come pensi che si possa modificare il progetto di fondo per questa città?
Dopo la Roma “effimera” a cui ho dato vita nella seconda metà degli anni ’70 e dopo la Roma “craxiana” degli anni ’80, vorrei che la Roma degli anni ’90 torni ad essere la Roma della vita quotidiana. Come è scritto nel mio programma, vorrei che il Campidoglio torni a contare sulle proprie forze, deve recuperare dignità, autonomia. Possiamo ristrutturare la macchina comunale per darci capacità ed energie progettuali. La grande forza di questo Campidoglio “riformato” sarebbe il recupero del rapporto con i cittadini e l’impegno sociale al primo posto.
Piuttosto che lo SDO (Sistema Direzionale Orientale) che rovescerebbe milioni di metri cubi di cemento su una periferia piena come un uovo, preferisco applicare la legge e dare vita al Comune Metropolitano, definire il piano di struttura urbanistica conseguente e sulla base di questo rilocalizzare i ministeri che si devono spostare. La filosofia non può più essere quella delle “grandi opere” ma quella di rendere Roma nuovamente una città vivibile.
E se perdi?
Credo di avere tutte le possibilità di vincere. Il progetto che ho preparato insieme a “Liberare Roma” e Rifondazione Comunista è un progetto credibile e possibile. Siccome è un progetto realistico può creare unità. Rutelli è stato condizionato dalla nostra iniziativa ed ha dovuto rivedere alcune sue proposte come l’anello ferroviario. Al secondo turno, se non sarò io ad andare al ballottaggio, ho dato indicazione di voto a sinistra, però deve essere un vero ‘voto a sinistra’.